Cronache

Obiettivo puntato su 50 anni di storia

Erika Falone

Balle di fieno per separare la folla dalle macchine in corsa, che sfrecciano lungo la croisette genovese di Corso Italia. I lampioni arricciati, le bandiere al vento e le corsie segnate da vasi di piante grasse: sono gli anni '50 e l'Italia si è appena gettata alle spalle la guerra. È da qui e dall'elegante riservatezza, oggi purtroppo demodè, dei grandi divi di casa a Portofino - Greta Garbo, Humprey Bogart, Lauren Bacall - immortalati da Francesco Leoni, che prende corpo il viaggio volutamente «emozionale» nella storia italiana degli ultimi cinquant'anni, proposto dalla mostra «Suoni e Visioni» al Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce (inaugurazione domani, aperta fino al 10 settembre).
Un percorso intrecciato su suggestioni diverse, tra la magia dell'immagine e l'incanto per la musica contemporanea, le cui note risuonano in occasione dell'apertura e della chiusura di ciascuna tappa espositiva. Perché il progetto, giunto alla terza edizione, è diventato itinerante ed è partito alla volta dell'Europa, per diffondere la conoscenza dell'arte italiana attraverso gli Istituti di Cultura.
Prima tappa ad Amburgo, poi Genova e Copenaghen, per approdare infine a San Marino, alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea. Sessanta fotografi, una trentina i compositori di cui sono eseguite le partiture dai musicisti coinvolti: queste le cifre di un progetto improntato a tracciare, con libero rigore, le coordinate della storia politica, sociale e culturale dell'Italia contemporanea.
Ai nomi che segnano lo sviluppo della cultura visiva nel secondo '900, è affidato il compito di aprire le danze: oltre agli scatti di Leoni, sfilano le molte immagini di Piergiorgio Branzi, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Guido Guidi e Mario Lasalandra, ove l'uso del bianco e nero già trascende il documentarismo per ergersi nelle sfere della ricerca sociale ed emozionale. Agli anni '60 del boom economico, evocati in tutta la loro complessità, segue il periodo drammatico della contestazione. Il '68 e gli anni di piombo segnano la definitiva affermazione della figura del fotoreporter e il cambiamento della natura stessa della comunicazione, nei quotidiani e nei periodici. È questo il teatro d'azione di Tano D'Amico, Uliano Lucas e Roby Schirer, che con le loro immagini catapultano nell'asprezza di quegli anni che ancora l'Italia deve, in parte, metabolizzare. Parallelamente la mostra, curata da Fabrizio Boggiano, restituisce il progressivo affermarsi di esperienze improntate a una matrice concettuale. Immagini che segnano l'affrancamento - e la messa in discussione - dell'oggettività del medium fotografico e svelano le rotte della sperimentazione e della contaminazione con altre forme espressive.
Una nuova cultura dell'immagine si afferma con le trasformazioni del volto di Giorgio Ciam, le azioni di Franco Vaccari, il colore di Franco Fontana e le ricerche di Mario Cresci e Luigi Ghirri. Passati gli anni '80, l'indagine fotografica si volge alla conquista di mete sempre più lontane e inedite: l'esposizione presenta un ricco excursus di opere realizzate dal '90 ad oggi, affiancando nomi noti a livello internazionale a giovani promesse. Scorrono così, secondo un percorso cronologico che non dimentica l'emozione, le opere di Gabriele Basilico, Maurizio Galimberti, Mauro Ghiglione, Massimo Vitali, Natale Zoppis, per arrivare a dare ampio spazio ai più giovani.


Il cerchio si chiude col dialogo dei maestri della fotografia italiana con le opere di giovani quali Matteo Basilè, Stefano Cagol, Silvia Camporesi, Daniela Carati, Giacomo Costa, Francesca Galliani, Elettra Ranno, a sottolineare la necessità di un dialogo aperto e sereno, perché ogni immagine ha una storia e il proprio tempo.

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