Olmert apre al leader palestinese: pronto a cedere il 90% dei Territori

Olmert apre al leader palestinese: pronto a cedere il 90% dei Territori

Ha passato la nottata e non esita più. Ehud Olmert adesso è convinto di potercela fare, convinto di poter sopravvivere alle insidie di quel rapporto sulla guerra in Libano che, ormai è quasi certo, non arriverà prima del nuovo anno. E allora il premier, di nuovo in sella dopo 11 mesi di insidie, rilancia a tutto campo, annuncia nuove trattative con il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) per discutere forma e natura di uno Stato palestinese.
Olmert torna, insomma, alla grande politica e sceglie l’abbraccio con il nemico per rilanciare la propria figura di leader. Con tignosa spregiudicatezza, annuncia però i suoi piani in concomitanza della storica visita di una delegazione della Lega Araba arrivata in Israele per discutere l’offerta di pace saudita approvata a Beirut nel 2002 e rilanciata lo scorso marzo nel summit di Riad. Olmert coglie insomma due piccioni con una fava. Mette la sordina ai piani arabi e riconquista la scena internazionale. «Voglio iniziare e far procedere il processo politico – spiega a chi gli chiede se il suo annuncio sia collegato alla vista del ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit e di quello giordano Abdel Ilah Al-Khatib -, se altri Stati vorranno dare una mano saranno i benvenuti, ma non staremo ad aspettarli... saremo noi a guidare, perché il progresso del processo di pace serve gli interessi d’Israele». E anche quelli del premier, sussurrano i maligni, convinti che Olmert voglia trasformare i negoziati con Abbas in un’ancora capace di tenerlo in piedi fino a fine legislatura.
L’«accordo sui principi» da mettere a punto con il presidente palestinese servirà a definire la natura di uno Stato palestinese esteso sul 90 per cento della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. In quell’«accordo di principi» non vi sarà spazio per le cosiddette questioni fondamentali, capaci, in passato, di far franare il negoziato. Dell’esatta definizione dei confini, delle zone di Gerusalemme destinate a diventare capitale del nuovo Stato, della questione dei profughi si discuterà soltanto alla fine. Prima di affrontare gli scogli negoziali Olmert vuole negoziare con Abbas le caratteristiche dello Stato palestinese, la sua natura istituzionale, la sua economia e i suoi accordi doganali con Israele. Più avanti, i due discuteranno una definizione di massima delle frontiere, gli scambi di territori per compensare le colonie della Cisgiordania rimaste israeliane, le soluzioni per garantire la contiguità territoriale attraverso la costruzione di un tunnel sotterraneo tra Gaza e la Cisgiordania.
«Sono deciso ad affrontare discussioni serie con Abu Mazen se anche lui sarà pronto ad assumersene i rischi», spiega Olmert facendo capire che il negoziato rafforzerà il presidente palestinese e lo renderà meno esposto alla crisi apertasi dopo la caduta di Gaza nelle mani di Hamas.
L’annuncio di Olmert ha svuotato di ogni significato la storica visita dei ministri degli Esteri giordano ed egiziano e i loro incontri con lo stesso Olmert e con il capo della diplomazia israeliana Tzipi Livni. Per quanto esponenti di nazioni firmatarie di accordi di pace con Israele, l’egiziano Abu Gheit e il giordano Al-Khatib rappresentavano la Lega Araba e la sua disponibilità, per la prima volta nella storia, a mandare esponenti in Israele per discutere un piano di pace. Quel piano, importante perché prevede il riconoscimento dello Stato ebraico da parte di tutti i Paesi arabi in cambio della nascita di uno Stato palestinese sui confini del ’67, non convince però Israele. Da una parte la Lega non rinuncia al diritto al ritorno dei profughi che Israele considera inaccettabile. Dall’altra il passo indietro dell’Arabia Saudita che teme - trattando con Israele - di innescare un’offensiva di Al Qaida e di inasprire lo scontro con Teheran: tutto ciò rende la trattativa con la Lega di scarso effetto mediatico.

Per un Olmert affamato di visibilità internazionale molto meglio, allora, la trattativa diretta. Una scelta appoggiata anche dalla Casa Bianca che, pur plaudendo alla visita della Lega Araba, fa sapere di considerare la trattativa con Abbas la migliore scelta possibile.

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