A tradirlo il telefono cellulare intestato al figlio minorenne perso durante lomicidio. Non solo. A convincere Eduardo Miceli, imprenditore siciliano di 59 anni, a costituirsi il sequestro del suo furgone con cui la mattina di domenica si è recato in via Bistagno, a Montespaccato. Ebbene gli uomini della scientifica proprio sul mezzo avrebbero trovato tracce di sangue relative a una scazzottata. Come quella avuta poco prima, alluscita di un bar, con la vittima, Carmine Gallo detto «o Longo», 52 anni e un passato criminale di tutto rispetto nei clan secessionisti della camorra di Torre Annunziata. Il presunto omicida, scomparso nel nulla a poche ore dal fattaccio, si è presentato allalba di ieri negli uffici della squadra mobile romana.
Non parla ancora Miceli, piccoli precedenti penali per reati contro il patrimonio, proprietario della torrefazione «Haiti», nella borgata in cui è maturato il delitto, la stessa in cui viveva Gallo. Luomo, difatti, da tempo si era trasferito nella capitale, nascondendosi nellex residence Bastogi, deciso a cambiare aria da quando il fratello Giuseppe viene ucciso nel napoletano con 4 colpi calibro 38 esplosi a bruciapelo.
Un destino beffardo il suo, morto ammazzato con unarma dello stesso calibro, colpito anche lui a distanza ravvicinata. Una modalità fin troppo simile a quella avvenuta per mano dei «casalesi» per non trarre in inganno gli inquirenti, che per oltre 48 ore hanno lavorato battendo la pista della mala campana. Miceli, invece, con Gallo (diversi omicidi e traffico di sostanze stupefacenti alle spalle) avrebbe avuto altre questioni in sospeso, probabilmente legate a unestorsione. Tanto da presentarsi sotto casa sua, a 200 metri dalla propria abitazione, pronto a tutto pur di azzerare i conti. Miceli, originario di Canicattì, aspetta Gallo sul furgone assieme a unaltra persona, forse il figlio, e quando lo vede parcheggiare la sua Fiat Stilo apre lo sportello e lo avvicina. Il revolver alla cintola. Secondo gli avventori del bar i tre avrebbero avuto una lite a dir poco animata. A un certo punto il primo sparo alle spalle, mentre Gallo cerca di allontanarsi. Luomo barcolla, raggiunge il cancello di unabitazione vicina, grida aiuto. Ma altri tre proiettili lo centrano al torace uccidendolo. Rapida la fuga degli assassini mentre gli inquilini della palazzina di fronte telefonano al 113.
Le indagini si concentrano subito sullambiente di provenienza del morto, soprattutto sulle famiglie camorristiche rivali, quelle che hanno già giustiziato il fratello. Ma gli elementi in mano agli inquirenti fanno pensare ad altro, di certo non a un omicidio studiato a tavolino. La perdita del cellulare e il mezzo «pulito» utilizzato per quella che sulle prime viene definita una vera e propria esecuzione, portano allambiente del quartiere.
Una periferia nata abusiva e cresciuta allombra della piccola criminalità locale.
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