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Gli onorevoli calciatori fanno beneficenza soltanto se rimborsati

Polemica sulla trasferta e sui conti non pagati. La replica: "Nessuno ci ha chiesto contributi"

Gli onorevoli calciatori  fanno beneficenza soltanto se rimborsati

Vanno capiti: c’è la crisi, saltano i vitalizi e svaniscono gli aumenti. Non è facile la vita del parlamentare, al giorno d’oggi. Per forza si ritrovano col braccino. Anche la beneficenza: va bene, aderiscono agli inviti con le finalità più nobili, scendono in campo con la loro nazionale per le partite a fin di bene. Ma dovrebbe bastare. Non si può pretendere tutto. Invece è veramente scandaloso che a Catania, dove la blasonata squadra della casta si è presentata per un triangolare contro magistrati e politici locali, gli organizzatori si siano fatti avanti col cappello in mano. Indignati di fronte a tanta bassezza, i quindici della rosa - composta da giocatori di tutti i partiti - hanno risposto sdegnati: già noi siamo venuti, almeno fate il favore di pagarci le spese. Dopo estenuante trattativa, alla fine hanno accettato di accollarsi solo il viaggio aereo. E chissà se è un caso che quello, come sempre, sia già rimborsato dalla collettività.
Gran bel gesto, questa trasferta in Sicilia. Una tournee indimenticabile, uno spot sublime per la popolarità della politica. Momento toccante al ristorante, un locale quotato della zona. Arrivati all’ammazzacaffè, gli atleti non hanno avvertito la minima tentazione di pagare il conto. Date le abitudini, hanno ritenuto naturale che arrivasse sul posto il sindaco o un assessore a regolare la questione. Imbarazzo in sala. Per fortuna, ad un certo punto si è alzato Giuseppe Berretta, del Pd, che ricordandosi d’essere catanese, dunque in pieno collegio elettorale, ha ritenuto utile e giusto sacrificarsi per tutti. Sempre meglio che pagare alle prossime elezioni.
Eppure, secondo Alfio Sciacca, il collega del Corriere che ha seguito l’impresa, il meglio va sempre cercato in coda. A conclusione del match, un vigile urbano ha fatto il giro degli spogliatoi, chiedendo un contributo diretto per la nobile finalità della manifestazione: acquistare tre carrozzine, costo unitario di 700 euro, ai bambini disabili seguiti dalle «Sorelle della carità». Stando ai volontari, magistrati e personalità locali si sono messi una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio. Gli azzurri della nazionale parlamentare si sono messi una mano sul cuore. Risultato sconcertante: totale raccolto, zero. Soltanto il solito Berretta, fiutata la situazione, ha di nuovo messo una pezza versando 100 euro.
La storia del calcio italiano si arricchisce di un’altra pagina indimenticabile. Quella della casta, pure. Si giustificano, abbastanza indignati, gli alfieri del palazzo: «Facciamo molte partite di questo genere, non ci è possibile sostenere tutte le trasferte a nostre spese». Quanto al deprimente incasso della loro sottoscrizione per le carrozzine, altrettanto sdegno: «Nessuno ci ha chiesto niente. Comunque, se serve, siamo pronti». Adesso. Con gesto spontaneo.
La verità è che a questa povera casta non si perdona più niente. Ce l’hanno spiegato, gli azzurri della gloriosa nazionale (solo una domanda, tra parentesi: ma dove sta scritto che qualunque congrega, in Italia, debba avere la sua nazionale benefica?): ci hanno spiegato che giocare ovunque costa molto, non è pensabile sobbarcarsi tutte le spese. Loro portano la faccia, il nome, il prestigio: è questo il contributo equo e solidale. E che diamine. Il reddito è quello che è.

A guidare la squadra è quell’onorevole Maurizio Paniz, del Pdl, che con un milione e ottocentomila euro risulta tra i più danarosi di Montecitorio. Ma non significa nulla. Devono saperlo, a Catania: lo sport è sacrificio.

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