Ora il governo trema davvero. L'opposizione: "Renzi a casa"

Le dimissioni della Guidi scatenano centrodestra e M5S: "È l'esecutivo dei conflitti di interesse". Fronda dem all'attacco: "Serve un tagliando"

Ora il governo trema davvero. L'opposizione: "Renzi a casa"


Uno scandalo lava via l'altro e Matteo ci rimette la faccia, le zampe, l'onore forse. Mai (non ancora) le penne, in questo bel Paese dei balocchi dove non si fa in tempo a seguire una pista, a mandare in profondità una trivella, che ecco uscire fuori il vischioso greggio, cupo presagio del male. Ché stavolta proprio di petrolio si tratta, l'oro nero di mille romanzi e intrecci, persino foriero di morte per il grande guru Enrico Mattei, e che invece nell'Italietta da poco finisce nell'intercettazione perversa tra la ministra Federica Guidi e il suo compagno. Con la ministra che, dopo un tira e molla durato per l'intero pomeriggio, forse perché anello debole della filiera, veniva convinta dal premier a sacrificarsi per il bene della compagnia. Prima che la valanga investa l'intero Pd e, soprattutto, Palazzo Chigi. Nani e ballerine comprese. A lei viene concesso l'onore delle armi, una lettera pubblica nella quale la titolare dello Sviluppo economico si dichiara «assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato» (sic!) ma crede purtuttavia «necessario per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni...».

Già, opportunità politica. Perché ancora una volta le punte aguzze del malaffare lambiscono le vesti immacolate dell'impenetrabile ministro Boschi, la Maria Elena (già Maria Etruria dello scandalo bancario), che nelle intercettazioni viene ritenuta più volte «avvisata» e «d'accordo» a favorire l'interesse privato in luogo pubblico. E stavolta non può bastare la generosa presunzione d'innocenza garantita dal Cav, in quanto «le intercettazioni sono sempre stato un grave vulnus della democrazia». No, perché stavolta la macchia d'olio grezzo s'allarga a dismisura e le opposizioni sono già sulle barricate a denunciare «una misura colma», una democrazia che non è più tale. Chi può fa affari, chi non può annega: questo il frutto avvelenato e tardivo della sospensione della politica, per cui i cittadini sanno di non valere niente perché non possono più nulla. Amara considerazione, non mitigata dall'ironia del consigliere berlusconiano Toti: «La Guidi col petrolio, la Boschi con le banche. Ma qualcuno fa il ministro e basta, in questo governo?». Già, però si fatica molto a vedere chi. Ed è certo, come l'istinto politico detta al leghista Salvini, che il pesce puzzi dalla testa. «Lo scandalo Guidi? È l'ennesimo, mostruoso conflitto d'interesse di questo governo. Più che la Guidi o Boschi la vera responsabilità è quella di Renzi. È lui che deve dimettersi». Beppe Grillo sul suo blog scrive: «Tutti collusi. Tutti complici. Con le mani sporche di petrolio e denaro. Renzi e Boschi a casa». Di «gravità inaudita» parla il capo grillino Di Maio; di «gigantesca questione morale» la sparuta Sinistra. Persino la timida minoranza interna del Pd, con Cuperlo, reclama «un tagliando per il governo: troppo familismo in giro, troppo potere in poche mani».

Forse non trema ancora, Renzi, di fronte a questa minaccia. Eppure mai come nelle ore di ieri pomeriggio è stato sull'orlo del precipizio. Anche perché l'inchiesta petrolifera non sembra come tutte le altre. «Si devono vergognare e andare a casa subito», sbraitavano ieri per primi i capigruppo grillini di Senato e Camera, Catalfo e Dell'Orco. Ma non basterebbe un orco in carne ed ossa, e cannonate, per far sloggiare chi è abusivo perché mai stato eletto.

«Continueremo a pretendere la verità», spergiurava ieri la Boschi alla Camera, riferendo del povero ragazzo torturato e ucciso in Egitto. Ecco, però questa è la verità. Non «mezza», né opaca; chiara e trasparente. Dimettetevi, e poi magari fatevi votare. Se potete.

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