Ora Oliver Stone vuol riabilitare Hitler, Stalin e Mao

Roma«Hitler fu un facile capro espiatorio». Perbacco, chi si cela dietro questa rivelazione? Uno storico revisionista? Un nazista in vacanza a Bariloche? Nient’affatto, «solo» il più sinistrorso dei registi statunitensi, Oliver Stone. Possibile? Possibile. Perché quando il tuo nemico è in una parte che detesti del tuo stesso Paese, allora anche Hitler diventa uno statista da salvare. Sentite un po’: «Hitler è stato usato molto facilmente. Ma in realtà è il prodotto di una serie di azioni. Di cause e di effetti... Bisogna guardare oltre le semplici opinioni. Per esempio studiando i finanziamenti del partito nazista si scopre quante società statunitensi sono state coinvolte, dalla General Motors all’Ibm. Hitler era solo un uomo anche facilmente assassinabile». Amen.
Con questo impianto storico, così libero da pregiudizi dice lui, Oliver Stone si appresta a girare una serie di 10 documentari, prodotti dall’americana Showtime (il canale a pagamento della Cbs) e presentati a Pasadena ai giornalisti della «Television Critics Association», sugli ultimi 60 anni di storia mondiale andandosi così a confrontare soprattutto con i suoi grandi protagonisti. Che in genere non sono personaggi proprio positivi. Per molti ma non per Stone: un maestro nel rigirare le frittate. La verità però è che lui non resiste a non entrare in simpatia con chi intervista o con chi racconta. Già nel 2003 s’innamorò di Fidel Castro e gli dedicò quel Comandante, con tanto di sequel l’anno dopo (Looking for Fidel), in cui il líder máximo si dipingeva «ingenuamente» così: «Sì, sono un dittatore, un dittatore di me stesso... prigioniero del popolo». Un poeta se non fosse l’esatto contrario.
Poi è stata la volta di Arafat con Persona non grata e, più recentemente, il regista di Platoon è sbarcato all’ultima Mostra di Venezia accompagnato dal campione di democrazia Hugo Chavez, tutto baci&abbracci, per South oh the Border in cui il presidente venezuelano è, diciamo così, la punta di diamante della nuova ondata di reggenti, tutti di sinistra, dell’America Latina bolivariana, descritta come il migliore dei mondi possibile (saranno state le foglie di coca che vediamo masticare da Stone insieme al presidente della Bolivia Evo Morales?). Il doc si conclude con l’avvento del Salvatore individuato nella persona di Barack Obama, nuovo presidente degli Stati Uniti. Anche per lui la fascinazione non conosce ostacoli. Stessa storia di quando nel 1991 diresse JFK - Un caso ancora aperto sull’assassinio a Dallas di Kennedy, un presidente mito per Stone. Tanto da sostenere che, responsabile della Baia dei Porci e dell’inizio della guerra in Vietnam, era solo un poveretto manovrato dai militari. Come per l’attuale premio Nobel per la pace: «Si può capire perché Obama sta seguendo le orme di Bush in Afghanistan, è ormai intrappolato in questo sistema». Come Jfk, come Hitler, è preda delle forze militari-industriali. Paradossalmente come Bush stesso, il nemico giurato di Stone, alla fine ritratto in W. di due anni fa quasi pietosamente, un uomo tragico in balìa del padre e dei marpioni della Casa Bianca. Idem per il presidente del Watergate che in Gli intrighi del potere - Nixon (1995) si scopre essere, anch’egli, un capro espiatorio. Perché alla fine i veri cattivi sono, ad esempio, i maghi della Borsa, gli stessi che ha appena finito di ridemolire nel sequel del suo successo del 1987 e che ora s’intitola Wall Street 2: Money Never Sleeps (in uscita il 23 aprile negli States) sempre con Michael Douglas da Oscar nel ruolo di Gordon Gekko.
In quest’ottica, piena di licenze storiografiche, la rivisitazione della Storia in pellicola non può che destare qualche interrogativo. Soprattutto quando, e Stone onestamente non lo nasconde, «per affrontare i fatti del passato bisogna cercare un’empatia con il personaggio che sarebbe invece molto facile odiare». Così ci sono parole di comprensione anche per un altro «grande»: «Hitler, Mao, McCarthy, sono già stati abbastanza vilipesi. Stalin ha invece completamente un’altra storia. Non ho intenzione di dipingerlo come un eroe ma vorrei raccontarlo basandomi sui fatti. Lui ha combattuto la macchina da guerra tedesca più di ogni singola persona.

Perché non possiamo giudicare la gente considerandola solo buona o cattiva». Di più: «Bisogna mettersi nei panni di Hitler o di Stalin per capirli, altrimenti avrei fatto una serie per History Channel». E non sarebbe stato meglio?

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