Ormai è roba da Bar Sport Ma il calcio che figura ci fa?

L’ultima che gira nel mondo del calcio è questa e non è una barzelletta. Un giocatore di una squadra di serie A va in discoteca e tra una caipirinha e l’altra racconta a un amico che il suo presidente avrebbe chiesto a un collega un lasciapassare per la partita in arrivo. Caso vuole che l’amico in questione sia il figlio di un alto dirigente del calcio, il quale a sua volta riporta il tutto a un presidente di una squadra terza ma coinvolta nella sfida «accomodata». Ed è così allora che lo spiffero viene girato a un quotidiano che confeziona per i suoi lettori la leggenda del biscotto. Complicato, no? Già. Ma purtroppo reale.
Insomma: i nomi metteteli voi, tanto nel bar sport a cui siamo abituati la storia potrebbe stare in piedi cambiando almeno una decina di personaggi. La domanda invece che io mi faccio è questa: visto che il risultato della partita di cui sopra è stato l’esatto contrario di quanto poi accaduto, cosa sarebbe successo se le varie comunicazioni incrociate fossero state intercettate? Appunto: Calciopoli ter. Sì, perché a Calciopoli bis ci siamo già arrivati e nel nostro bar sport ne siamo pure fieri. Ma il problema non è essere juventini o no, interisti o no, milanisti o no. Il problema è che ormai su Calciopoli, l’unica finora accertata, l’informazione è ormai al doping conclamato, di quello impossibile da fermare.
La pratica, diciamolo, ormai è quotidiana: si butta fango nel ventilatore spacciandolo per essenza, tanto ci sarà sempre qualcuno che lo troverà profumato. E le ricostruzioni che montano e rismontano Calciopoli sono tutte giuste, tanto chi si ricorda? Il tifo, in fondo, è l’oblìo della memoria.
L’Italia, lo sappiamo, è diventata una Repubblica fondata sulle intercettazioni e siccome leggere certe frasi non è come sentirle, ci si può inventare di tutto. Per questo l’udienza di oggi a Napoli non porterà nessuna novità nell’inchiesta, ma solo tanta confusione in più: basta trovare l’intercettazione giusta, con frasi ed inflessioni ad hoc, è il gioco è fatto. E poi: basta tirare in ballo un morto e la verità diventa assoluta, tanto in giro non c’è più un Facchetti che possa dire il contrario.
Sì, è vero: Moggi e i suoi avvocati fanno il loro mestiere ed è probabile - ormai quasi certo - che tutta la vicenda penale finisca con un’assoluzione piena, visto il caos a cui siamo arrivati. Cosa che, se qualcuno ha ancora in testa un po’ di diritto, non c’entra nulla con quello che è successo nel processo sportivo: lì le intercettazioni sono una prova, nel giudizio penale invece materiale di investigazione per accertare se la prova esista concretamente. Quindi: assolviamo pure Moggi, saremo tutti più felici. Ma il calcio italiano che figura ci fa?
Perché il problema principale non è se Moggi ha telefonato a Paparesta o viceversa, se Bergamo si mettesse d’accordo con Lucianone e se poi si affannasse a telefonare a Moratti per farsi rincuorare mostrando simpatie nerazzurre prima di annunciare a Meani che tutta la famiglia piangeva per la sconfitta rossonera. Il problema è che questo - il designatore che parlava di arbitri con i dirigenti, gli arbitri che telefonavano a Moggi per scusarsi, gli incontri semiclandestini al ristorante - era tutto normale, era considerata quotidianità. E in questo Moggi non può dire di non c’entrare nulla. Anzi, era il protagonista principale.
Per cui rivediamo pure tutto, troviamo nuovi colpevoli. Moratti, certo, perché no? Impegniamoci a rovinare ancora il nostro calcio mitizzando il pallone degli altri: chissà come mai il loro è più bello... Ad esempio: nella tanto invidiata Liga degli stadi di proprietà, Real Madrid-Barcellona - la partita scudetto - è stata arbitrata da un fischietto designato con almeno due settimane d’anticipo. Il medesimo arbitro due giorni prima della sfida ha rilasciato un’intervista nella quale ha raccontato come vedeva la partita, i suoi protagonisti e la sua direzione di gara. Scandalo? Naturalmente no. Nella nostra serie A invece stiamo ancora aspettando che il presidente dell’Aia Nicchi tolga la museruola ai suoi controllati, ma troviamo assolutamente normale che un guardalinee esulti alla fine di una partita, tanto se qualcuno fa notare la stranezza si può sempre dire che è colpa di Mourinho. Intendiamoci: Josè non ha sempre ragione e Ayroldi esultava sicuramente (ribadisco: sicuramente) per se stesso. Ma a voi sembra davvero una cosa logica?
Per questo insomma non ho più voglia di spulciare telefonate e qualsiasi cosa verrà deciso dalla giustizia per me andrà sicuramente bene: rassegnatevi amici, la verità non la sapremo mai.

Però, ripensandoci, sarei d’accordo con il presidente del Palermo Zamparini che invita tutti a metterci una pietra sopra e ripartire. Se non fosse che il medesimo - al prossimo rigore negato - potrebbe far esplodere una Calciopoli quater.

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