Al muso duro di chi, decenni fa, ne ricacciò i padri e i sogni, loro rispondono oggi con l'arte e con quanto hanno saputo realizzare lontani dalla loro terra, in un Paese che li ha accolti come esuli e subito chiamati fratelli. Loro sono i dalmati italiani che le tormentate vicende storiche della ex Jugoslavia hanno portato nel Bel Paese. Italiani dunque, ma anche adriatici e mediterranei, oggi molti di loro coltivano il sogno e l'ambizione di «riconquistare» uno spazio nella loro terra d'infanzia: niente politica però, solo cultura e sentimento. Viaggia con questo spirito la mostra itinerante che raccoglie i lavori di un gruppo di pittori dalmati italiani. Organizzata dalla Fondazione Rustia Traine di Trieste, dopo Roma, Trieste, Zara e Spalato l'esposizione approda a Milano, fino a venerdì, nei chiostri dell'Umanitaria. Il catalogo degli esuli che per volontà o necessità dovettero lasciare, in tre ondate diverse fra 1848 e 1918, ma soprattutto dopo le due guerre mondiali, la Dalmazia è lungo e composto di nomi celebri, fra cui il giornalista e scrittore Enzo Bettiza, nato a Spalato, e lo stilista Ottavio Missoni originario di Ragusa (Dubrovnik), «una repubblica marinara più longeva di quella di Venezia», come sempre ricorda lo stilista. Proprio lui il «pittore delle fibre» è la guest star della mostra di via Daverio: dalla loro collezione privata Ottavio e Rosita hanno scelto una decina di pezzi per l'evento. Ma non chiamateli arazzi, piuttosto globeni come si dice in croato. Quadrati o rettangolari, sono una tavolozza dove ciniglia e lana, cotone e filati si mescolano a ricordare, fra nuance mai stridenti, i colori e i costumi di una terra che da sempre Missoni ha nel cuore: «L'ispirazione è ovunque - si legge nella sua presentazione - nelle cortecce, nelle conchiglie, nella musica e nelle passeggiate che hai fatto».
E di strada Missoni ne ha compiuta molta, a volte correndo, come nei suoi trascorsi olimpionici, a volte a passo di prigionia come in Africa nel '42, quindi sulle vie più eteree ma non meno impervie della moda internazionale. Accanto alle opere, la mostra propone i lavori di cinque pittori contemporanei che hanno reso grande la Dalmazia nel mondo: di Giuseppe Lallich (1867 -1953) non poteva mancare Ti con nu, nu con ti, l'addio dei cittadini di Perasto (Montenegro) al gonfalone di San Marco. È in cielo, invece, l'atelier di Tullio Crali ( 1910-2000): dalla visione della Tour Eiffel, alla Festa di tricolore, allo sguardo del Paracadutista un istante prima del lancio. Accanto alla sua Aeropittura, espressione della sua vicinanza al Futurismo di Marinetti, non mancano commoventi ritratti di prigionia, a semplice matita. Poi alcune, intense sculture di Waldes Coen, mentre di Franco Ziliotto, astrattista, c'è una selezione di Orizzonti e Architettura. Chiudono alcune tele di Secondo Raggi Karuz, tanto apprezzato in Giappone da affidargli la realizzazione degli affreschi di chiesa Edo-no S.Maria di Tokyo.
«L'obiettivo è valorizzare il legame fra popolazioni con la stessa matrice culturale - spiega l'onorevole Renzo de' Vidovich, presidente della fondazione promotrice - e cominciare a ragionare in un'ottica di regioni e identità culturale e non più solo di stati, politicamente intesi».
Ottavio Missoni e gli artisti dalmati italiani contemporanei
Umanitaria, via Daverio 7, www.umanitaria.it,
tel. 02 5796831
Fino al 20 luglio,
Ingresso libero
(h 10-12 e 16 -20)
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.