P3-bis, Napoli s’inventa il pool ad personam: così la procura accelera per incastrare il Cav

Così la procura tenta di accelerare l’inchiesta sulla P3-bis per convocare Berlusconi come teste e incastrarlo. La strategia dei pm: sentire il premier, presunta vittima dell'"estorsore" Cosentino. La Dda dovrebbe occuparsi di camorra e invece indaga sulla corruzione politica

P3-bis, Napoli s’inventa il pool ad personam: 
così la procura accelera per incastrare il Cav

Nessuna competenza a indagare, reati da pubblica amministrazione fatti passare per mafiosi, apertura di un fascicolo-monstre dove far confluire tutte le malefatte del deputato Nicola Cosentino. Ecco i segreti della seconda «trappola napoletana» al premier. La procura partenopea che vuol convocare nuovamente Berlusconi come teste/persona offesa in un’inchiesta (la cosiddetta P3bis) con un’altra presunta estorsione ipotizzata, per incastrare il Cav percorrerà un’altra strada rispetto a quella di Woodcock & co. Sentirà il premier come testimone sulla compravendita di parlamentari ai tempi del governo Prodi, per poi trasformarlo, magari alla fine del suo interrogatorio, in indagato per istigazione alla corruzione. Accusa che a Berlusconi il pm Piscitelli ha già ipotizzato tre anni fa prima di trasferire l’inchiesta a Roma dove tuttora pende una richiesta di archiviazione.
Il copione del trappolone-bis è quello raccontato un mese fa dal Giornale: il premier sarebbe finito sotto ricatto del coordinatore regionale del Pdl, Nicola Cosentino, e del sindaco di un paesotto del Salernitano, Ernesto Sica, che lo avrebbero aiutato - secondo l’accusa - nella «tratta» dei senatori in occasione del voto alla Finanziaria 2007 in cambio della candidatura alla presidenza della Regione Campania (per il primo) e di un posto in Parlamento (per il secondo). Il pm Milita due giorni fa ha convocato Cosentino per interrogarlo. La strategia è quella di ascoltare, prima di eventuali provvedimenti giudiziari, i presunti estorsori (Cosentino e Sica) e soprattutto la presunta vittima (Berlusconi). Con il Cav spalle al muro si avrebbe il tempo di cambiare eventualmente rotta all’inchiesta (conservandone la titolarità) nata dalla P3 in cui Cosentino e Sica sono indagati per il dossier hard sul Governatore Stefano Caldoro.
All’appuntamento con il magistrato, però, Cosentino non si è presentato, preferendo inviare una memoria con la quale annuncia di «avvalersi della facoltà di non rispondere riservandosi ogni opportuno e completo chiarimento innanzi all'Ufficio che risulterà competente a riceverne le dichiarazioni previa verifica della ritualità della iscrizione/assegnazione per come avvenuta». Già, perché anche in quest’indagine sembra profilarsi un problema di competenza grande come una casa. I legali di Cosentino contestano che ad occuparsi della vicenda sia lo stesso pm che, insieme a Giuseppe Narducci (ora assessore con De Magistris) ha chiesto l’arresto di Cosentino per concorso esterno con i casalesi, mandandolo sotto processo. Un pm, per di più, in servizio alla Dda che dovrebbe avere competenza solo su reati «mafiosi» e che non si capisce cosa c'entri in una storia di potenziali politici prezzolati.
Sfogliando la memoria degli avvocati Agostino De Caro e Stefano Montone, legali di Cosentino, agganciando la nuova contestazione al procedimento per concorso esterno in associazione camorristica - iscritto nel registro delle notizie di reato addirittura nel lontanissimo 2001 - il pm si sarebbe di fatto auto-assegnato il fascicolo. In aperto contrasto «con le disposizioni tabellari e le circolari interne che, per quanto ignote perché coperte da segretezza, dovranno pur disciplinare (almeno si auspica) secondo regole predeterminate, oggettive e controllabili empiricamente, l'attribuzione degli affari tra sezione e sostituti». E questo è accaduto perché è stato mantenuto aperto presso la Dda il fascicolo-madre, chiamato a «prestarsi a far da collettore di infinite notizie di reato», in maniera tale da trasformare la Dda di Napoli in un «ufficio specializzato per tutti i possibili reati che si riterrà di ipotizzare per Cosentino, dalla guida senza patente all’omicidio».

Chiosano i difensori: «Siffatta procedura evoca dinamiche procedimentali e comportamentali di marca meneghina che tutti i tecnici del settore, compresi i numerosissimi magistrati interventori nei numerosi convegni sulla democraticità del modello processuale e punitivo, dicevano fortunatamente e consapevolmente respinte e abbandonate». Altrove, forse. Non a Napoli.

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