Pace fatta tra Lega e Colle dopo i forfait del 2 giugno Ma i finiani remano contro

RomaLe polemiche del 2 giugno non hanno lasciato strascichi nei rapporti tra Lega Nord e Quirinale. Con buona pace di coloro (e tra i questi i «pierini» finiani di FareFuturo) che anche ieri hanno cercato di attizzare il fuoco rimarcando l’assenza alla parata dei big del Carroccio e la mancata esecuzione dell’inno di Mameli alle celebrazioni di Varese dove, alla presenza del ministro Maroni, è stata intonata La gatta di Gino Paoli.
Lo scopo del gioco al massacro, in fondo, è chiaro: avvelenare i pozzi del dialogo e far saltare la riforma del federalismo fiscale adducendo come pretesto non solo i sacrifici imposti dalla manovra biennale, ma anche l’ultimo «incidente diplomatico». Ma la Lega è troppo esperta per farsi prendere in trappola. «Un polverone inesistente per riempire le pagine dei giornali», ha commentato Maroni ricordando che «sono almeno dieci anni che non vado a Roma, gli ultimi tre da ministro, e festeggio nella mia città, Varese».
Una sottolineatura che mette in luce la natura strumentale delle polemiche. D’altronde, era stato lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a stemperare la tensione mercoledì scorso rilevando come i festeggiamenti si fossero svolti con una partecipazione sostanzialmente bipartisan. «I rapporti con il Quirinale sono cordiali e positivi», ha aggiunto il capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni, osservando come «sia stata positiva la volontà di collaborare sulle grandi riforme». Insomma, «polemiche sterili che nascondono come l’opposizione abbia brillato per assenza alle manifestazioni del 2 giugno», conclude.
Anche a Palazzo Madama ambienti vicini al presidente dei senatori leghisti, Federico Bricolo, rimarcano ulteriormente la cordiale intesa con la presidenza della Repubblica. Ma più delle parole conta il silenzio del ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, che ieri non ha voluto dichiarare alcunché. Un atteggiamento che indica come la situazione non sia da ritenersi allarmante. Nelle emergenze politiche il coordinatore delle segreterie federali non si trincera certo dietro un «no comment», basti pensare alla sua loquacità durante i giorni della crisi interna al Pdl con i continui strappi dei finiani.
In ogni caso, poiché la politica non si fa solo con le parole ma anche con le azioni, il neoconsigliere regionale Renzo Bossi, figlio del Senatùr, ha annunciato che lunedì prossimo incontrerà il presidente della Repubblica insieme con il presidente del Consiglio regionale lombardo. «Non ho partecipato alla parata, perché ero a Brescia per lavoro», si è giustificato ai microfoni di Radio Montecarlo. Una sortita non certo casuale.
Probabilmente sui media continuerà a tenere banco la campagna «farefuturista» contro lo statuto della Lega che indica tra gli obiettivi l’indipendenza della Padania.

Punzecchiature che hanno scatenato le repliche piccate degli eurodeputati Salvini («Almeno dal nostro nome si capisce che cosa siamo, mentre FareFuturo non si è ancora capito che cosa significhi») e Borghezio («Il nostro obiettivo strategico è e resta l’indipendenza della Padania»). Risposte che non rappresentano la vera «linea» della Lega. Umberto Bossi, infatti, non ha mai nascosto la propria simpatia per Giorgio Napolitano, cioè per il rappresentante dell’unità nazionale.

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