Giancristiano Desiderio
Proviamo a capovolgere le parti. Cosa sarebbe accaduto con la missione di pace in Libano se al governo ci fosse stato Berlusconi e non Prodi? Se il ministro della Difesa fosse stato Martino e non Parisi? Se il responsabile della Farnesina fosse stato Fini e non DAlema? La prima questione di rilievo sarebbe stata linguistica o nominale. Oggi, infatti, il governo, la sinistra radicale, i pacifisti armati e i difensori di Hezbollah dicono che lintervento in Libano è una «missione di pace». Per provarlo, aggiungono che tutta loperazione si svolge sotto la legittimazione delle Nazioni Unite. A ben altra scena avremmo assistito se a decidere lintervento in Libano fosse stato il governo Berlusconi. La sinistra, sia quella riformista che non si sa bene cosa sia, sia quella antagonista che si sa fin troppo bene cosa sia, e persino i cattolici, che non si sa perché si definiscono moderati, avrebbero parlato di guerra e avrebbero trascurato la legittimazione dellOnu, come è accaduto per la nostra missione in Irak.
La seconda questione sollevata sarebbe stata quella dellarticolo 11 della Costituzione. I Cento, i Russo Spena, ma anche esponenti Ds, come Marina Sereni o Anna Finocchiaro, e naturalmente Dario Franceschini della Margherita ci avrebbero spiegato che il governo Berlusconi «con lintervento militare in Libano viola larticolo 11 della Costituzione che dice che lItalia ripudia la guerra». Oggi, invece, la Carta costituzionale non è mai citata e i soldati italiani possono recarsi in Libano anche a proteggere i terroristi del «Partito di Dio», che potranno continuare a minacciare lesistenza di Israele.
Terzo: grandi manifestazioni di piazza in nome della pace senza se e senza ma. Il «popolo della pace» avrebbe sfilato per le strade di Roma con una grande bandiera arcobaleno e un grande comizio finale con politici e sindacalisti avrebbe concluso levento che, naturalmente, sarebbe stato ripreso dalle telecamere. I pacifisti avrebbero dimostrato a tutti la superiorità civile e morale del pacifismo e, di conseguenza, linferiorità morale e antropologica dei guerrafondai del governo Berlusconi. Che fine ha fatto, invece, oggi il pacifismo? Come mai la sinistra antagonista non mobilita il «popolo della pace» e Bertinotti non ci decanta la bellezza etica ed estetica della non-violenza? Dove sono finite le bandiere arcobaleno che nel recente passato ogni sabato pomeriggio erano sventolate nelle piazze di Roma? Il pacifismo ha assolto al suo compito politico ed è andato al governo. I pacifisti del mondo comunista e antagonista, variamente no global, hanno trovato tanti «se» e tanti «ma» da presentare alla loro coscienza. Ad esempio: è vero che larticolo 11 della Costituzione dice che lItalia ripudia la guerra, ma è anche vero che permette la partecipazione a missioni di pace in un contesto internazionale. E poi i «se» e i «ma» che veramente contano sono questi: oggi al governo non cè Berlusconi. «Se» ci fosse stato, va bene, «ma» non cè e allora la coscienza del pacifista è tutta contenta.
La quarta questione avrebbe riguardato direttamente lo scopo della missione. Se ci fosse stato il governo Berlusconi, uneventuale missione in Libano non sarebbe venuta meno al compito principale che dovrebbe dare senso alloperazione Unifil: la difesa di Israele e il disarmo di Hezbollah. Cosa accade oggi? Sappiamo con chiarezza che cosa sono chiamati a fare i nostri soldati in Libano? Possono disarmare i terroristi del «Partito di Dio»? No.
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