Padre Pio è stato riesumato Il frate sarà esposto ai fedeli

nostro inviato

a San Giovanni Rotondo (Foggia)
Scendiamo i grandini che conducono alla cripta passando per l’ingresso esterno, a fianco della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Sono passate soltanto poche ore da quando è stata rimossa la lastra di marmo che per quarant’anni ha coperto alla vista dei fedeli la bara di Padre Pio da Pietrelcina, il santo del Gargano. L’ingresso è tuttora vietatissimo, il luogo sembra un grande cantiere. Lì, dietro a una pesante porta di legno, è ora custodito il corpo del santo. Lo hanno trovato in condizioni discrete, in parte scheletrito, in parte ancora ben conservato. Ci sono operai che ripuliscono i calcinacci formatisi durante la fase preparatoria della riesumazione, c’è un viavai di frati e di addetti ai lavori. Ci affacciamo sul grande loculo bianco scavato sul pavimento, intonacato di bianco, terminato in tempi record poche ore prima che la salma del frate venisse tumulata in quella notte di quattro decenni fa. È illuminato da due lampade e sul fondo si distinguono macchie di ruggine. L’altra notte, insieme ai frati, ai parenti di Padre Pio, erano presenti Consiglia di Martino e il giovane Matteo Colella, i due miracolati la cui guarigione ha portato il frate sugli altari, c’erano anche l’ufficiale sanitario che seguì la tumulazione nel 1968, i muratori e gli stagnini. Per attestare che il sepolcro era nelle stesse condizioni in cui venne lasciato allora.
Ci avviciniamo alla porta di legno chiaro dai pesanti battenti, che introduce nella stanza allestita per la ricognizione e gli interventi conservativi sul corpo del santo. «Lì c’è san Pio», ci dicono. La barba è foltissima anche se ingiallita. Le mani sembrano intatte, con addosso ancora i mezzi guanti. Glieli misero i frati dopo la morte, anche se non servivano più per coprire le stimmate, scomparse pochi giorni prima. «Se Padre Pio mi permette, è come se fosse passato da un manicure», ha detto con una battuta Domenico D’Ambrosio, attuale arcivescovo di Manfredonia-Vieste, che ha chiesto al Vaticano la riesumazione e ora spera di poter portare qui Papa Benedetto XVI.
Il comunicato ufficiale, steso dopo l’esumazione, nelle prime ore di lunedì, afferma che i medici e i periti, a una prima ispezione hanno riscontrato che «il cranio e gli arti superiori sono in parte scheletriti», mentre «le restanti parti presentano i tegumenti (la pelle, ndr) adesi ai piani sottostanti e molto umidi, ma suscettibili di trattamento conservativo». Condizioni «discrete».
L’esumazione è stata fatta in tempo, prima che la salma si deteriorasse definitivamente. Molti di coloro che hanno assistito all’esumazione sono rimasti un po’ delusi: il vetro che ricopriva la bara era notevolmente appannato, e non si distingueva facilmente il corpo all’interno. «Sin dall’inizio - ha dichiarato l’arcivescovo - si vedeva chiaramente la barba. La parte superiore del teschio è in parte scheletrita, il mento è perfetto, il resto del corpo è conservato bene. Si vedono benissimo le ginocchia, le mani, i mezzi guanti, le unghie. «Abbiamo estratto la prima cassa con tutti i sigilli, io ho verificato i sigilli - ha aggiunto D’Ambrosio - li abbiamo rotti e abbiamo aperto la prima cassa, piuttosto arrugginita. L’intonaco era molto fresco quando è stato messo e quindi ha creato dell’umidità, che ha rovinato un po’ la cassa, dove ci sono il crocifisso e la scritta con i dati anagrafici. Della seconda cassa è stato poi tagliato lo zinco, con grande maestria e anche con tanta devozione e delicatezza». «Il sottoscritto e il ministro generale dei padri cappuccini - ha raccontato ancora il prelato - abbiamo sollevato il coperchio di zinco e c’era la terza cassa, con la lastra di vetro spessa, 4-5 millimetri. Lì per lì non siamo riusciti a intravedere bene, perché si era creata una forma di condensa sul vetro.

Poi abbiamo potuto vedere meglio e, abbiamo portato le spoglie di san Pio nella stanza preparata per la ricognizione». «Si vedono tra l'altro i piedi - ha concluso D’Ambrosio - perché sapete che i padri cappuccini vengono sepolti scalzi».

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