Un Paese nell’arena della guerra fredda

Nel ’45 l’Urss pone un veto granitico all’ingresso dell’Italia nell’Onu. Favorevoli sono invece gli Stati Uniti

Un Paese nell’arena della guerra fredda

Nell’aprile del 1945, a pochi giorni dalla fine del secondo conflitto mondiale, si apriva la Conferenza di San Francisco, che avrebbe dato vita all’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’Italia aveva tentato di partecipare a quel cruciale appuntamento della vita internazionale, ma senza successo. Sui rischi politici di quell’esclusione aveva richiamato l’attenzione Benedetto Croce. In un articolo sul Times, il filosofo biasimava la volontà di tenere il nostro Paese fuori dalle decisioni che avrebbero delineato il nuovo assetto mondiale e ammoniva sul pericolo di «lasciare esposto a seduzioni pericolose un popolo, grande o piccolo che sia, insanabilmente ferito nell’anima».
Militava a sfavore dell’ammissione dell’Italia non soltanto la sua posizione di Stato aggressore, ma anche la volontà di una singola potenza vincitrice. L’Unione sovietica, ormai divenuta, secondo una nota del nostro ambasciatore a Washington, un «nemico potenziale del sistema occidentale», frapponeva un granitico veto all’ingresso nell’Onu di una nazione, che si sarebbe schierata naturalmente al di qua della «cortina di ferro». Diversissimo, invece, l’atteggiamento della diplomazia statunitense, che riportava la questione della candidatura italiana al centro dell’agenda politica, in occasione della consultazione elettorale del 1948. In questo contesto, la Casa Bianca, ritenendo che una presa di posizione in tal senso potesse giovare a un esito filo-occidentale del voto italiano, sostenne la nostra entrata nell’assise internazionale, contribuendo indirettamente alla sconfitta del Fronte popolare che anche in questa occasione si mostrava, agli occhi dell’opinione pubblica, asservito ai diktat di Mosca.
In virtù del sostegno americano, gli sforzi dei governi centristi italiani ebbero ragione delle resistenze dell’Urss, che, fino al 1955, tuttavia antepose l’ingresso dei propri satelliti o di Paesi neutrali al nostro. Quella storica decisione fu resa possibile in larghissima misura grazie all’adesione italiana alla Nato (North Atlantic Treaty Organization) nel 1949, insieme a quella della maggioranza degli Stati occidentali, determinati ad arginare l’espansionismo russo. La scelta atlantica del governo di Roma facilitò anche la creazione dei primi organismi comunitari europei. Nell’aprile del 1951 nasceva la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio, con il compito di dar vita ad un’Alta autorità responsabile dello sfruttamento di queste materie, il cui possesso era stato alla base della rivalità tra Francia e Germania. Era il primo passo verso la creazione della Comunità economica europea, istituita con il Trattato del 1957, fra Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda, allo scopo di costituire un mercato integrato per coordinare le relazioni industriali e commerciali dei Paesi aderenti. Il protocollo prevedeva anche l’istituzione dell’Euratom, destinato ad armonizzare le iniziative nel campo del nucleare a scopo pacifico.
Come è noto, il cammino in questa direzione fu segnato, in Italia, soprattutto dalla personalità di Alcide De Gasperi, portatore di una visione pragmatica e fattiva, superiore, per ricchezza e qualità dei risultati, al federalismo di Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e altri firmatari del «Manifesto di Ventotene». Questo radicato sentimento europeistico fu tale, però, da condurlo anche a qualche passo falso. L’ipotesi di edificare un autonomo ordine politico europeo era infatti definitivamente tramontato con i due conflitti mondiali. Dopo il 1945 l’Europa doveva guardare oltre Atlantico per realizzare una salda partnership economica e militare. Di questa realtà De Gasperi fu a tratti dimentico: nel 1951, allorché si sforzò di ritardare l’ingresso del nostro Paese nell’Onu, per tenere fuori dalla Guerra di Corea l’Italia, che contribuì allo schieramento anti-comunista solo con un piccolo ospedale da campo.

Poi, nel 1953, quando cercò di costituire una Comunità europea di difesa, che avrebbe fatalmente depotenziato la Nato e forse condotto alla firma di un patto di non aggressione tra potenze del Vecchio continente e Urss.
eugeniodirienzo@tiscali.it

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