Francesco Cramer
da Milano
SullAfghanistan la vera missione dellUnione è colmare la distanza sempre più vasta tra il Paese e il Palazzo. Prodi è alle prese con i pruriti pacifisti della sinistra antagonista che pretende, in nome della «discontinuità» con il governo precedente, la ritirata anche dal fronte afghano. Ma gli italiani non hanno dubbi sulla strategia da adottare: in politica internazionale gli impegni con gli alleati, se sottoscritti, vanno mantenuti. Lo dice un sondaggio effettuato per il Giornale dalla Ferrari Nasi & Grisantelli. Intervistando un campione rappresentativo del Paese per sesso, età e titolo di studio, lesito del sondaggio è netto e deciso: sette italiani su dieci chiedono che la missione a Kabul continui. Non solo: quasi otto su dieci ritengono che i soldati debbono avere mezzi adeguati per poter continuare il loro lavoro. Un «no» secco, quindi, allipotesi di un alleggerimento di risorse in terra afghana o a una presenza «formale». Ed è sempre la maggioranza del Paese (55 per cento) a ritenere corretto un maggiore impegno dei nostri militari, qualora le circostanze lo richiedessero.
Con gli zapateristi nostrani nelle fila di Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi che esigono uno strappo nella politica estera di centrosinistra, il Professore rischia una duplice umiliazione: una nei confronti di Usa, Nato, Onu e Ue; laltra nei confronti degli italiani. Poco disposti a subire uno smacco in tema di politica estera. Alla domanda: «Limpegno italiano in Afghanistan va mantenuto, in accordo con gli alleati, fino a che la situazione non sarà considerata stabile?», il 47,3 per cento sè detto molto daccordo, il 22,1 per cento abbastanza daccordo. Totale: 69,4 per cento. Poco o per nulla daccordo solo 2 italiani su dieci. Il dato sfiora l80 per cento sulla domanda relativa alla necessità di «fornire agli uomini in Afghanistan mezzi adeguati per poter operare al meglio». Molto daccordo il 62,7 per cento; abbastanza il 16 per cento; per un totale del 78,7 per cento. Il dissenso, invece, si assottiglia al 13,6 per cento. La terza e ultima domanda riguarda la possibilità di uno sforzo italiano più deciso per far fronte alle rivolte talebane: «Se le operazioni per il controllo del sud dellAfghanistan dovessero richiedere un maggior impegno in uomini e mezzi, lItalia dovrebbe adeguarsi?». Un «sì» deciso arriva dal 34,8 per cento; «abbastanza daccordo» il 20,4 per cento; totale 55,2 per cento. Restano pochi gli scettici: 33,7 per cento. Abbastanza alta la quota dei «senza opinione»: 11,1 per cento.
Nel sondaggio, poi, colpisce la lettura politica del risultato. Se si analizzano le risposte degli italiani, tenendo conto dellappartenenza politica degli intervistati, emerge in maniera decisa che lelettore è più «responsabile» delleletto. Tra chi si dichiara «radicale di sinistra» (Rifondazione comunista, Comunisti italiani e Verdi ndr) il 54,3 per cento manterrebbe i nostri soldati in Afghanistan, il 40,4 per cento non è daccordo. Il dato arriva al 68 per cento sulla domanda relativa ai mezzi adeguati da fornire ai militari, contro il 29 per cento di contrari. Maggioranza che si ribalta, sempre considerando soltanto i militanti della sinistra più estrema, sullipotesi di un maggior sacrificio per le nostre truppe: non è daccordo il 52,9 per cento, possibilista il 37,1.
Approvazione con cifre bulgare, invece, per la politica della Casa delle libertà da parte dei propri elettori.
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