Andrea Tornielli
da Roma
La notizia corre online, sui siti Internet tradizionalisti. Qualcosa si muove nelle relazioni tra la Fraternità San Pio X e il Vaticano: presto il Papa potrebbe far cadere la scomunica che ha colpito i vertici del gruppo fondato dal monsignor Lefebvre, che conta quattro vescovi, 480 preti e centinaia di migliaia di fedeli in tutto il mondo. E qualcosa si muove davvero: la mattina di lunedì 13 febbraio, alle 10.30, Benedetto XVI ha convocato nel palazzo apostolico una riunione con i cardinali responsabili dei «ministeri» vaticani, proprio per discutere della possibilità di togliere la scomunica ai vescovi che furono ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988 senza il permesso del Vaticano. Ma cè di più. Laltro punto importante allordine del giorno della riunione riguarda infatti tutto il mondo tradizionalista, anche quello in comunione con Roma: si discuterà infatti come rendere più libero luso dellantico messale preconciliare, che la Chiesa ha usato fino allultima riforma liturgica. Già oggi, almeno sulla carta, questa possibilità di utilizzo esiste, per volontà di Giovanni Paolo II. In realtà, però, la concessione della Messa antica ai gruppi di tradizionalisti che ne fanno richiesta è a discrezione dei vescovi diocesani, che in molti casi oppongono un netto rifiuto.
Ma torniamo ai lefebvriani. Protagonista delle trattative, coperte dal più stretto riserbo, è stato in questi mesi il cardinale Darío Castrillón, Prefetto del clero, mentre il suo collega Julián Herranz, che si occupa dellinterpretazione dei testi legislativi, già da tempo ha predisposto unipotesi di accordo canonico che prevede listituzione di unamministrazione apostolica. I seguaci di Lefebvre dipenderebbero in questo modo direttamente dalla Santa Sede, mentenendo le loro strutture e luso del messale antico.
La riunione con i capi dicastero arriva dopo ludienza concessa dal Papa ai responsabili della Fraternità, Bernard Fellay e Franz Schmidberger, lo scorso 29 agosto a Castelgandolfo. Al termine di quellincontro, la Sala stampa vaticana emise un comunicato nel quale si leggeva che esso si era svolto «in un clima di amore per la Chiesa e di desiderio di arrivare alla perfetta comunione», procedendo «per gradi e in tempi ragionevoli». In quella occasione Fellay chiese che venissero tolte le scomuniche ai vescovi lefebvriani. Non è la prima volta che in Vaticano, ai livelli più alti, si discute di questa vicenda. Il pomeriggio del 22 marzo 2001, lo stesso Wojtyla presiedette una riunione di cardinali dedicata a questo argomento, durante la quale vennero sollevate obiezioni da porporati molto autorevoli. «Ho capito che i tempi non sono maturi», sancì alla fine Giovanni Paolo II. Successivamente, nel gennaio 2002, un accordo vi fu, ma solo con la comunità lefebvriana di Campos, in Brasile.
Oggi la situazione è cambiata. La Fraternità ha manifestato il desiderio della piena comunione con Roma e il Papa, con limportante discorso per gli auguri di Natale alla Curia, ha spiegato che il Vaticano II è stato male interpretato da quanti, in nome di un non meglio precisato «spirito del Concilio», hanno concesso spazio «ad ogni estrosità». In quel discorso, Benedetto XVI rispondeva anche allobiezione dei lefebvriani contro il decreto conciliare sulla libertà religiosa, affermando che essa non deve diventare la «canonizzazione del relativismo» ma rappresenta una «necessità derivante dalla convivenza umana, anzi una conseguenza intrinseca della verità che non può essere imposta dallesterno». La fede va proposta, mai imposta.
Per quanto riguarda laltro punto allordine del giorno della prossima riunione dei cardinali, la parziale liberalizzazione delluso del messale antico, è grande lattesa dei fedeli tradizionalisti, verso i quali in questi anni il cardinale Ratzinger ha sempre manifestato attenzione: «Chi oggi sostiene la continuazione di questa liturgia (preconciliare, ndr) o partecipa direttamente a celebrazioni di questa natura - disse nel 2000 - viene messo allindice; ogni tolleranza viene meno». Oggi, diventato Papa, sembra intenzionato a mandare un segnale distensivo anche in quella direzione, per rendere meno problematico celebrare alla vecchia maniera ai gruppi di fedeli che lo chiedano.
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