Il paracadute dei dalemiani: l’immunità parlamentare per l’ex assessore nella bufera

L'ex ministro De Castro fu catapultato a Strasburgo per lasciare lo scranno a Tedesco

Il paracadute dei dalemiani: l’immunità parlamentare per l’ex assessore nella bufera

Roma «Il Pd non è un’associazione a delinquere», disse Massimo D’Alema quando scoppiò in Puglia l’inchiesta su Alberto Tedesco e sulla sanità.
L’assessore, tempo tre ore dall’annuncio dell’avviso di garanzia, si dimise: era il 6 febbraio del 2009. Un passo indietro per mettersi a disposizione degli inquirenti, si disse. Poco tempo dopo, si scoprì che per l’assessore era pronto invece un paracadute coi fiocchi: nientemeno che un seggio al Senato, al riparo dell’immunità parlamentare. Come? Tedesco era stato candidato alle politiche del 2008, ma senza successo: finì primo dei non eletti, dietro all’ex ministro dell’Agricoltura di Prodi, Paolo De Castro. A metà aprile del 2009, due mesi dopo l’apertura dell’inchiesta, si fecero le liste per le elezioni europee. E, guarda caso, De Castro venne scelto (da D’Alema, ma con la benedizione di Prodi) come capolista del Pd per la Circoscrizione Sud. Col risultato che, una volta eletto al Parlamento di Strasburgo, avrebbe lasciato il posto a Tedesco.
Nel partito, a dire il vero, scoppiò la bagarre quando l’inghippo fu scoperto. Una parte del Pd, a cominciare da Enrico Letta, sconsigliò vivamente a De Castro (presidente di Red, l’associazione dalemiana nel Pd veltroniano) di accettare la candidatura. «Non mi piacerebbe avere Tedesco nel gruppo», insorse la presidente dei senatori Anna Finocchiaro. Diversi i toni del suo vice, il dalemiano pugliese Nicola Latorre: «Qual è il problema? Quando si porrà la questione Tedesco ne discuteremo, ma le nostre liste elettorali le facciamo noi e non la Direzione distrettuale antimafia di Bari».
Nove parlamentari pugliesi, tra i quali Francesco Boccia, scrissero una lettera all’allora segretario Dario Franceschini per protestare contro le «incomprensibili scelte» per le candidature europee. Lo stesso De Castro cadde dalle nuvole: «Io me ne stavo tranquillo al Senato, non avevo chiesto di essere candidato. Ho accettato per spirito di servizio».
In verità, raccontano in Puglia, il vero sponsor della candidatura di Tedesco alla Camera (e poi di De Castro alle Europee) sarebbe però stato il sindaco di Bari Emiliano, che con Tedesco aveva stretto un’alleanza di ferro. Tanto che l’assessore fece una lista in suo appoggio per fargli vincere il posto di segretario regionale del Pd. Ed Emiliano arrivò quasi allo scontro con i vertici veltroniani del Pd, nel 2008, per fare entrare Tedesco in lista in posizione sicura. Alla vigilia delle Europee il sindaco fece il bis: minacciò addirittura di candidarsi lui, se non veniva scelto De Castro.

Salvo poi, quando la bufera giudiziaria esplose senza più scampo sulla testa di Tedesco, fare un passo indietro: «Consigliai a Vendola di togliere la Sanità a Tedesco. Avrei dovuto insistere, oggi ne soffro», disse Emiliano nel settembre 2009. Replica di Tedesco: «Il sindaco è un ingrato, non dimentichi che l’ho aiutato in tante elezioni». Chi deve capire, capisca.

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