Cronache

IL PARADOSSO DI MINO, MARTA E RENATA

IL PARADOSSO DI MINO, MARTA E RENATA

Caro Lussana, come gli indiani delle praterie andiamo ascoltando i più piccoli rumori che facciano indovinare dal sottosuolo o dal cielo qualcosa che sblocchi la politica genovese. Ma nulla trasmettono le vecchie sirene del blocco che vanno lamentando caste di ogni tipo. Esse sono tra i beneficiari del declino. Non è dai lamenti di Zara, Baletto o Pittaluga, amici di Prodi, e dalle loro primarie illusorie che si possono attendere cambiamenti reali. Ad essi preferiamo Burlando - Costa - Margini - Monteleone che ragionano in termini di Regioni disciplinate, tra tessere e prebende, perchè i loro segnali sono almeno chiari se non giusti ... e il loro candidato vincente è Margini. Ma forse adesso ci sono anche i segnali del cambiamento che investiranno il quadro nazionale della politica. La rottura del ramo sinistro della quercia genovese promossa da Ronzitti, è a un passo in questa direzione e segna un gradino del declino di Prodi. Il Partito democratico è rifiutato dalla forte componente di sinistra della quercia genovese e ligure, perchè considerato un puro supporto di una fantomatica funzione prodiana. Il blocco grande finanza-grande industria-settori burocratizzati dello Stato e del movimento operaio e cooperativo, dopo lo scarso esito elettorale, non può più usare l’economista consigliato da Rovati e dalla finanza clericale come garante di una svolta moderata della sinistra dietro l’asinello clintoniano. La sinistra genovese non accetta questa funzione di puro supporto al capitalismo finanziario e mediatico occidentale, Berlinguer insieme al cattolico Rodano, riteneva infatti che si dovesse lavorare per un «superamento» dell’assetto capitalistico e dei valori della società borghese fuori della confusione partito-Stato. Prodi e la rete manageriale statale ha lavorato contro questa storia ideale. Pertanto il suo lobbismo clericale-burocratico non è l’ideale dei ceto operai e popolari che si riconoscono nel cospicuo gruppo di politici della sinistra Ds genovese.
La miseria dei risultati sta inoltre spegnando i fuochi fatui del sostegno di molti colleghi del Corriere della Sera e Repubblica anche nelle propaggini locali insufflando il panico nella megalomania del manager bolognese. Ma vi è forse un paradosso qui a Genova. Gli intoppi del partito democratico creano qui una novità imprevista per le candidaure a sindaco di Marta Vincenzi per il centro sinistra e di Renata Oliveri per il centro destra. Chiedo un po’ di pazienza per spiegare questo esito paradossale del disfacimento prodiano. C’era nella sinistra chi vedeva in un manager di stato democristiano, un garante di dirigismo keynesiano e di positivo rapporto con le gerarchie ecclesiastiche e il polo cattolico. Di tutte queste attese Prodi ha fatto strage. E la quercia dovrebbe sciogliersi in un partito democratico che non si può chiamare di sinistra e neppure può aderirire alla sinistra socialdemocratica europea! Con quale vantaggio per la propria storia e per il proprio elettorato? È ciò che Ronzitti e molti altri acuti e generosi dirigenti hanno capito: la quercia farebbe la fine del dossettismo, dell’Iri e di Telecom, comprese le loro nicchie ecclesiali.
D’Alema potrebbe accettare solo un partito democratico solo egemonizzato dall’apparato ds, compatto e deciso. Ma né Rutelli, né De Mita, e neppure Monteleone (come nel gruppo unico in Regione permetterebbero tale predominio dalemiano). Essi pensano all’interno di un partito democratico laico di una ripresa unitaria delle culture democristiane. E allora? Siamo nel vicolo cieco, in cui defluiscono tutte le operazioni di Prodi e dei dossettiani in politica e in ecclesiologia. Dossetti avversario di De Gasperi, ha ispirato una cerchia di personaggi che si crede destinata a dirigere la storia economica, politica e religiosa e finisce sempre nel vicolo cieco dell’utopia minoritaria, non senza rendita americana. Essi oscillano tra polvere e altare. E così oltre al governo nazionale oggi la sinistra dovrebbe rischiare una nuova lacerazione e la perdita di identità della sua via italiana, e occidentale al socialismo... Fatelo fare a Prodi e Parisi e ai loro «amici» il partito dell’asinello americano. Devo pensare che per adesso solo due donne sono capaci di affrontare questa sfida rinnovatrice per Genova: Marta Vincenzi e Renata Oliveri. Conoscono la storia e i patemi della sinistra ma frequentano anche culturale, interessi e valori diversi, nuovi ambiti oltre l’orizzonte operaio e popolare. Hanno cultura e ed esperienza amministrativa di livello eccellente. Sono realmente indipendenti per compenteza e carattere. Con un vantaggio per la Oliveri che conosce le secche burocratiche e le sa smuovere e per la Vincenzi che ha visuali e prospettive molto ampie in Europa.

Con le primarie non c’è nessuno più forte di Margini per capacità di esperienza.

Commenti