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A Parigi l’alta moda finisce nel pallone

Un gallo per Gaultier: «È patriottismo» Armani: «Ho messo la bandiera al balcone»

da Parigi
«Perché ho trasformato la manica del cappotto in un vero gallo con tanto di penne e cresta? Be’ ci vuole un po' di patriottismo in vista della partita Italia-Francia». Jean Paul Gaultier è il più simpatico degli stilisti francesi, una vera forza della natura. Infatti prende in giro se stesso e lo sconfinato sciovinismo dei suoi connazionali che, dopo la vittoria sul Portogallo, hanno una sola frase: «On va a battre l'Italie». Proprio per questo gli italiani che in questi giorni stanno seguendo le sfilate dell'alta moda di Parigi prudentemente fingono d'esser spagnoli, canticchiando tra i denti lo scaramantico ritornello «Ve le suoneremo» in mezzo a una raffica di «Hola» e «Todo bien» sparata a casaccio. «Vinca il migliore», conclude salomonico Gaultier, osservando poi che i giornalisti sportivi francesi hanno scritto peste e corna sulla loro nazionale finché la squadra non ha cominciato a vincere. «Adesso la osannano - dice lo stilista - e si comportano proprio come la stampa di moda che si sveglia solo quando i designer sono diventati davvero famosi». Vien voglia di dire touché, ma subito un altro pezzo grosso del fashion system d'Oltralpe paragona il mondo della moda con quello del calcio. «Sono entrambi internazionali e interessano milioni di persone», sostiene Sidney Toledano, presidente e amministratore delegato di Christian Dior, la griffe più famosa di Francia. «Non mi chieda a chi tengo perché davvero non saprei cosa rispondere» dichiara il manager: «Ho una figlia che si chiama Inés perché sono di origini spagnole, una di nome Giulia in omaggio ai parenti italiani di mia moglie mentre il maschio è stato battezzato Alain, visto che viviamo a Parigi». Anche per lui il commento a questa storica finale è «vinca il migliore», mentre per Armani, che pure veste la nazionale inglese, dobbiamo vincere noi e pazienza per i cugini d'Oltralpe. «Al gol di Del Piero sono scattato in piedi come una molla e ho esposto personalmente il tricolore al balcone della mia casa di Saint Germain», ha confessato il più famoso dei nostri stilisti che ha sfilato a Parigi all'indomani della seconda «Italia-Germania» da archiviare tra i nostri più bei ricordi calcistici. Nessun tifo da parte di Valentino che proprio in questi giorni ha ricevuto la Legion d'honneur, massima onorificenza di Francia, perché lui appartiene all'esiguo drappello di chi non segue il calcio e forse lo trova un tantino volgare. Non la pensa ovviamente così Simona Ventura, arrivata apposta da Los Angeles nella cosiddetta «Ville Lumière» per festeggiare quello che D'Agostino chiama il «sarto cesareo». «Dobbiamo vincere e guai se non vinciamo - ha detto «Supersimo» - l'Italia ultimamente ha ben poco di cui essere orgogliosa: Valentino e i nostri ragazzi della nazionale». Tifosissimi anche tre giovani stilisti di casa nostra che in Francia hanno trovato fama e successo. «Ci mancherebbe altro: tutta la vita per l'Italia», esclama Riccardo Tisci, straordinario direttore creativo di Givenchy. «A chi tengo tra Italia e Francia? Inutile chiedermelo: sono prima di tutto sardo, poi italiano e quindi padre di due ragazzi che mi toglierebbero il saluto se solo dicessi che Zidane non gioca male» protesta Antonio Marras, magico artefice della rinascita di Kenzo: il più francese dei marchi giapponesi.

«Tiferò per la nostra squadra stando attento a non urtare la suscettibilità dei miei amici parigini», conclude Maurizio Galante, che ormai da anni vive sulle rive della Senna.

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