nostro inviato a Firenze
Duemilaquattrocento a zero. O quasi. È questo il rapporto di forza tra il patrimonio immobiliare dei vecchi Ds e quello del giovane Partito Democratico.
Se si trattasse di una questione finanziaria, si potrebbe dire che la holding controllante, ovvero la Quercia, ha mantenuto in pancia gli attivi immobiliari senza lasciare nulla alla controllata. Ma il problema non è solo economico, è soprattutto politico e l’altra sera in un dibattito alla Festa del Pd di Firenze il tesoriere democratico, Mauro Agostini, si è pubblicamente lamentato dell’eccessiva parsimonia del Botteghino rivolgendosi direttamente a colui che ancor oggi tiene saldamente i cordoni della borsa, il tesoriere dalemiano Ugo Sposetti. Che nel bilancio 2007 ha censito ben 2.399 immobili dei quali solo 16 sono di proprietà della Direzione nazionale del partito e sono iscritti a un valore di circa 1,5 milioni di euro.
Sono soprattutto sedi territoriali, circoli e vecchie case del popolo, ma fanno comodo e lo stesso Sposetti, di recente, ha chiesto senza tanti complimenti al Pd di pagare l’affitto per le organizzazioni territoriali che si fanno ospitare dalle sezioni della Quercia. Uno sgarbo che Agostini s’è legato al dito.
«Il Pd nasce senza un solo euro a fine novembre 2007», ha ricordato Agostini sottolineando, poi, per ben sei volte lo stesso concetto. «Noi non avevamo niente e per niente si intende niente, cioè zero. Siamo un soggetto politicamente nuovo che da Ds e Margherita non ha ereditato nulla né in materia di finanziamenti né in materia di immobili». Da questo spunto il senatore di provenienza diessina ha colto l’occasione per tessere l’autoelogio della propria gestione finanziaria: 2,6 milioni di euro incassati dalla raccolta fondi dei quali un milione tondo tondo proveniente dai versamenti dei bollettini di conto corrente postale.
Perché, ha chiosato Agostini, «dire che un partito è un’azienda è una sciocchezza, ma dire che un partito deve essere come un’azienda è una verità assoluta». Insomma, il Pd deve essere un po’ come la Forza Italia degli albori. Già questa di per sé sarebbe una novità assoluta per la sinistra se Agostini non avesse attaccato a testa bassa il collega Sposetti. «Fino a quando esisteranno i Ds? Questo non lo so, chiedetelo a Sposetti che negli ultimi tempi è particolarmente facondo», ha esordito affondando il colpo subito dopo. «Se con la sua facondia - ha aggiunto - illustrasse i dettagli delle famose fondazioni dove sono stati messi gli immobili dei Ds, questo sarebbe molto utile. Si può sapere quante sono, dove sono, chi sono le persone nominate a vita negli organi di indirizzo?». Secondo Agostini sarebbe stato meglio conferire quegli attivi ad associazioni di cittadini piuttosto che mantenerle nel vecchio partito. Anche perché le «riserve indiane» fanno male al progetto del Pd «che deve essere rilanciato». Ma a quanto pare Sposetti la sua riserva indiana se l’è già costruita non tanto con le scaramucce dialettiche (settimana scorsa ha definito il Meeting di Rimini la «vera Festa dell’Unità») ma con le opere.
Gli immobili, come detto, sono nelle fondazioni e i Ds continueranno a ricevere i rimborsi elettorali della passata legislatura fino alla sua naturale scadenza del 2011. Allo stesso modo, la gestione del debito viene portata avanti in autonomia: il Botteghino è esposto per 160 milioni verso le banche e di questi ben 107 milioni sono mutui. È lecito ipotizzare che quei finanziamenti siano garantiti anche con attivi immobiliari e la loro scadenza è successiva al fatidico 2011. La tecnostruttura dei Ds è viva e vegeta e rappresenta la migliore exit strategy in caso di un eventuale fallimento dei democrat. Non a caso i Ds si sono comperati per 1.200 euro i marchi connessi alle vecchie Feste dell’Unità.
La guerra è così destinata ad andare avanti. Separati in casa nella vecchia sede della Margherita a Largo del Nazareno (anche i rutelliani pretendono l’affitto dai piddini), ci si continuerà a scontrare sui soldi.
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