RomaLennesimo appello alla «cooperazione» che arriva dal Quirinale sparge sale sulle ferite di un Pd che, davanti allestrema drammatizzazione della crisi, teme di ritrovarsi in un cul de sac.
La parola «elezioni», leit motiv per settimane di Pier Luigi Bersani, negli ultimi giorni è sparita dal lessico del segretario. Berlusconi non è Zapatero e lItalia non è la Spagna, per quanto in cattive acque si trovino entrambi i paesi: paradossalmente, anzi, da noi proprio la gravità della situazione finisce per rafforzare, o quantomeno congelare lattuale assetto di governo, in assenza di alternative praticabili.
«Berlusconi è commissariato dalla Bce, che detta allItalia le condizioni per il salvataggio finanziario - osserva il senatore democrat Stefano Ceccanti - ma questo finisce per blindarlo a Palazzo Chigi, e per mettere noi in una situazione complicata: se le misure che verranno varate saranno quelle dettate da Trichet e Draghi, non sarà facile per il Pd dissociarsi e restare sullAventino». E anche la ripetizione ossessiva della richiesta di dimissioni del premier, pur comprensibile da parte del capo dellopposizione, rischia di apparire alla lunga una certificazione di impotenza, mentre attorno tutto cambia in fretta.
Tanto più che, nel frattempo, lalleato preferenziale del Pd, il Terzo Polo di Casini, si è messo in quella che leconomista Pd Francesco Boccia definisce allanglosassone «una situazione win-win»: mostrando un certo fiuto, si è posizionato fin dal dibattito parlamentare con Berlusconi della scorsa settimana nella trincea dei «responsabili»: non quelli di Scilipoti, ma quelli pronti a collaborare nel momento del bisogno, nel nome del «bene comune» e sotto gli auspici del Colle, senza ovviamente farsi rinchiudere nel recinto di questa maggioranza. Se le cose per lItalia andranno bene, lui sarà tra i salvatori della Patria; se andranno male sarà comunque il governo a portarne la responsabilità. In entrambi i casi Casini potrà un domani esigere i crediti maturati. Non a caso accenti altrettanto, se non ancora più bipartisan, arrivano da un altro aspirante salvatore della Patria come Romano Prodi, che ha apertamente smentito Bersani sulle dimissioni di Berlusconi, pensando ai voti di centrodestra necessari per il Colle.
Ieri Bersani ha accusato il governo di non aver informato lopposizione e il Paese «sui vincoli ai quali la comunità internazionale ci sottopone», e ha reclamato «la verità» su quel che la Bce chiede allItalia in cambio del salvataggio dei suoi titoli di Stato. Per mercoledì è fissata una riunione di partito per fare il punto, e il Pd cercherà di buttare sul tavolo una serie di proposte: dalla tassazione delle rendite alla reintroduzione dellIci alleliminazione dei fondi per coprire gli evasori delle quote latte. Il leader del Pd ha però chiaro che si ritrova tra due corni di un dilemma difficile: avallare lanticipazione del pareggio di bilancio, che avrà altissimi costi sociali e politici, o buttarsi sul fronte del «no» tornando a chiedere il voto anticipato con Di Pietro (sempre che lex pm non scarti) e Vendola.
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