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Pd, Franceschini sfida i big: in 7 votano contro

Il segretario apre la direzione annunciando l'esigenza di "un cambiamento vero". Malumore tra i dirigenti. La Finocchiaro: "No alla resa dei conti tra veltroniani e dalemiani". Marini: "Rivedere lo statuto, sembra scritto dal dottor Stranamore". L'11 ottobre la selezione dei candidati, il 25 le primarie

Pd, Franceschini sfida i big: in 7 votano contro

Roma - "Il rinvio del congresso è improponibile. Lo statuto parla chiaro. Serve un congresso vero per aprire una fase nuova". Dario Franceschini, nella relazione con cui ha aperto la riunione della Direzione del Pd, ha ribadito di non volere un rinvio del congresso, di non temerlo. Secondo quanto viene riferito, il segretario ha anche fatto un’analisi dell’ultima tornata elettorale rivendicando che, seppure non sia stato un successo, il partito ha mostrato segni di vitalità e ha tenuto in tante aree del Paese. Quindi il segretario ha parlato della necessità di "un rinnovamento" per sgombrare il campo dalle "ambiguità" dicendosi intenzionato a "investire sulla forza straordinaria del nostro territorio, sui sindaci, sugli amministratori, sui segretari locali, sui giovani parlamentari che devono essere messi in condizione di crescere verso ruoli sempre più ampi nel partito nazionale".

Finocchiaro: "No alla resa dei conti" "Serve un congresso vero, profondo, senza reticenze e paure, ma si è messa in moto una dinamica potenzialmente pericolosa. Una competizione per la leadership che ha le caratteristiche di una mera conta interna, che rischierà di oscurare l’oggetto del congresso, cioè il Pd e questa Italia". Il presidente del senatori Pd, Anna Finocchiaro, rilancia così la sua proposta di separare la discussione politica dall’elezione del segretario, da svolgere in un secondo momento. Intervenendo alla direzione del partito, Finocchiaro esprime la sua preoccupazione per i toni con cui si è avviata la fase congressuale. "Una conta interna che - evidenzia il capogruppo al Senato - gli argomenti usati ieri dal segretario per annunciare la propria candidatura rischiano di trasformare in una resa dei conti. Gli argomenti usati da Franceschini io li trovo inutilmente depressivi del valore della sua esperienza come segretario, figlia di una scelta comune e di una comune responsabilità". E invece, dopo un impegno unitario in campagna elettorale, incalza Finocchiaro, "siamo, per uscire dalla metafora e venire al sodo, a Veltroni contro D’Alema, a dispetto dei meriti e della qualità di Franceschini e Bersani, al nuovo contro vecchio, all’aleggiare del mai detto 'non faremo prigionieri', alla focalizzazione di un unico tema, cioè la leadership". Il rischio di questa conta interna è che, sostiene la dirigente Pd, mentre il Paese è in difficoltà, i democratici si avvitano in una discussione interna. Ma Finocchiaro si rende conto che la sua proposta "perde forza, perché la volontà del segretario di candidarsi e la candidatura di Bersani già in campo, le tolgono di fatto ogni agibilità politica", ma anche se la proposta non passa, "i rischi che a motivano sono tutti davanti a noi e allo stesso modo resiste la difficoltà e il disagio dei nostri militanti".

Marini: "Rivedere lo Statuto" L’ex presidente del Senato Franco Marini nel suo intervento alla direzione del Pd critica lo statuto che fissa le regole per il congresso. "Sembra scritto da Stranamore" avrebbe detto Marini invitando il partito a trovare un modo per cambiare i meccanismi che prevedono prima la fase congressuale e poi le primarie per eleggere il segretario. Marini raccoglie nel suo intervento le perplessità di molti per la complessità delle regole congressuali. Ma la modifica non è semplice perché, si è spiegato nella direzione, richiederebbe la convocazione dell’assemblea costituente. Il percorso è ormai avviato e, quindi, non si può più rinviare il congresso che va fatto. Tuttavia, prende piede nel corso della riunione della direzione l’ipotesi di andare a una modifica dello statuto nella parte che regolamenta le primarie in modo da rivedere quelle norme che individuano la platea dei votanti. L’ipotesi, a quanto si apprende, è di circoscrivere ai soli iscritti, o comunque ad una platea più ristretta, il diritto di votare per i candidati alla segreteria alle primarie. Il nodo della questione è che le platee, così come prevede attualmente lo statuto, del congresso e delle primarie sono differenti con il risultato che si potrebbe avere un esito del tutto differente da un passaggio all’altro.

E si schiera per Franceschini "Sosterrò al congresso Dario Franceschini per la sua azione di tenuta e di ripresa del partito e non perché abbiamo origini comuni visto che io spero in un congresso che sia di rimescolamento". Così Marini ha spiegato nella direzione del partito i motivi del suo appoggio al segretario del Pd al congresso di ottobre. "Certo - afferma Marini riferendosi all’esito delle elezioni - non abbiamo vinto ma da questo risultato, cioè il fatto che la destra non ha sfondato alle europee e che i ballottaggi hanno segnato la possibilità di tornare a vincere, i militanti hanno visto che in Italia c’è un’unica opposizione alla destra cioè il Pd. Sembravamo spacciati ha aggiunto l’ex presidente del Senato e invece oggi si riprende forza ed il merito è di Franceschini per la sua determinazione". Poi torna a esprimere i suoi dubbi sul nuovismo come faro per il Pd. "Ho detto a Dario - racconta poi Marini ai giornalisti - di mettere questo tema al terzo posto dopo il chi siamo e la proposta per l’Italia... aiutiamo i giovani ma senza ammazzare i vecchi anche se per quanto mi riguarda mi sono già fatto da parte".

Via libera: congresso a ottobre La direzione del Partito Democratico ha dato via libera al congresso di ottobre votando, con 7 voti contrari, il regolamento che fissa le tappe congressuali. Il regolamento approvato conferma tutti i passaggi congressuali: l’11 ottobre si svolgerà il congresso che selezionerà i candidati alla segreteria che poi si presenteranno alle primarie, che si svolgeranno il 25 ottobre. È passato anche la regola che fa sì che alle primarie voteranno iscritti e non. Se nessuno dei candidati raggiunge la maggioranza assoluta, si andrà al ballottaggio con voto segreto all’assemblea nazionale tra i due candidati più votati alle primarie.

Nonostante le perplessità espresse in direzione sulla farraginosità del regolamento, al momento del voto ci sono stati solo sette contrari su una platea di 150 membri.

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