Mi dica, caro amico Granzotto, cosa si deve pensare del teatrino delle primarie del futuro Partito Democratico, della corsa alla candidatura e gli attinenti sgambetti e coltellate, del sedicente Comitato dei saggi, del fatto che un quarantamila candidati si danno molto da fare ma tanto che vinca Walter Veltroni è certo al cento per cento, dell'imbarazzato silenzio di quel fantasma di Yorik che è Romano Prodi, del tripudio del popolo della sinistra per il neopartito al quale si affidano le sorti della rinascenza italiana, agli osanna alla scelta di mettere in lista elementi di spicco della società civile e tante, tante femmine, all'esaltazione di Veltroni come l'uomo nuovo della politica e delle palpitanti aspettative per il suo inedito impegno quale segretario di un partito? Stiamo assistendo alla zuppa di una rivoluzione copernicana o al pan bagnato della solita manfrina progressista?
Buona la seconda, caro Orefice. Qui si dà per avvenimento straordinario e mirabolante uno dei tanti accorpamenti partitici che hanno costellato la storia repubblicana (e che in genere sono stati seguiti da divorzi più o meno burrascosi). Si dà per volto nuovo della politica e quindi estraneo alla Casta, sano e pulito, Walter Veltroni che mangia pane e politica da quando aveva i calzoni corti. E che è stato segretario di partito, il Pds, parlamentare e ministro, non essendosi perduto nessun incarico e nessun esercizio proprio della politica politicante. Si magnifica la folta partecipazione della società civile nelle primarie e poi vai a vedere che sono sempre i soliti volti, sono sempre i soliti nani e le solite ballerine di craxiana memoria. Con qualche tocco in più di pittoresco, come il Carlin Petrini, quello del lardo di Colonnata. O con qualche ripescaggio, tipo Fabiano Fabiani (eppure accreditato da Padoa Schioppa quale personalità «autorevole» (e qui ci siamo), «competente» (continuiamo ad esserci) e «indipendente». (E qui noi ci siamo). O con qualche ghiotta occasione mancata (la rinuncia della signora Afef Tronchetti Provera, per dirne una. Resa bilanciata, va detto, dalla scesa in campo dell'ex signora degli Anelli, Evelina Christillin).
La bella politica, la chiama Walter Veltroni. Ma si sa che ogni scarrafone è bello a mamma sua. E se lo scarrafone chiamato Partito democratico nasce senza una idea che non siano quelle non coperte da copyright - «Vogliamo un futuro migliore», «Vogliamo una crescita sostenibile», «Vogliamo la pace fra i popoli» e via così con l'aria fritta - non gli manca l'entusiasmo. Che attualmente si concentra sulle primarie, prassi non esattamente inedita eppure magnificata dall'allegro popolo della sinistra come la trouvaille in grado di santificare e candeggiare politica e politicanti. Per cui quello Democratico sarà un partito «diverso». E ti pareva. Al momento il «diverso» non si vede ed anzi, da quanto si legge le primarie hanno assunto il consueto aspetto dei «ludi schedaioli», come li liquidava il fascismo tosto e ruspante. E cioè della corrida, con i tori, i toreador e stuoli di picadores sempre lì intenti a piccare.
Paolo Granzotto
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