Pechino ci ripensa: Internet censurato ai Giochi

Cinesi e tibetani d’accordo per nuovi incontri ufficiali, ma nei colloqui restano grandi le distanze tra le parti

Il comitato organizzatore dei Giochi olimpici di Pechino aveva assicurato che durante le Olimpiadi la rete Internet avrebbe goduto di «piena libertà»: sembrava una promessa poco credibile in bocca a un regime che si regge sulla censura, ma molti ci avevano creduto, o avevano finto di farlo. Agli uni e agli altri il ministro cinese della Tecnologia Wan Gan ha servito ieri quanto si meritavano: una bella marcia indietro.
«Per proteggere la gioventù», ha detto il virtuoso esponente del Partito comunista cinese, «ci saranno controlli e interventi di censura su alcuni siti». Wan Gan definisce questi siti «dannosi», ma non anticipa quali potranno essere: il regime si tiene le mani libere. Del resto, aggiunge «tutti i Paesi limitano l’accesso ad alcuni siti». Che è un po’ come dire che la pedopornografia e la libera diffusione di informazioni sono ugualmente «danno per la gioventù».
Questo avviene mentre il governo di Pechino ha dato la sua disponibilità a discutere della delicata situazione nel Tibet, acconsentendo a fissare entro tempi brevi una nuova data per la ripresa dei negoziati ufficiali con gli inviati del Dalai Lama. Domenica scorsa nella città di Shenzhen c’è stato un primo incontro che ha visto confermate le grandi distanze tra le due parti, ma anche - almeno a parole - la volontà di «portare proposte concrete che potranno servire per un’agenda futura», secondo le parole del rappresentante tibetano Lody Gyary. Da parte cinese, invece, viene ribadito l’invito a compiere «azioni concrete per far cessare davvero le attività separatiste e le provocazioni violente che mirano a mettere in pericolo i Giochi di Pechino: così si creeranno le condizioni per nuovi contatti».
Scettico sulle aperture al Dalai Lama è lo scrittore cinese Wang Lixiong, promotore di una petizione online firmata da 400 persone che chiede alle autorità di Pechino di dialogare con il capo spirituale dei buddisti tibetani. «Nella sostanza - dice Wang - nulla giustifica l’ottimismo.

I colloqui di Shenzhen servono solo ai governi occidentali per poter dire che hanno ottenuto quel che chiedevano».
Intanto la fiaccola olimpica è arrivata sulla vetta dell’Everest, ma almeno dal Nepal nessuno lo ha potuto vedere: c’era tempo troppo brutto.

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