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Pellegrini da tutto il mondo per Santa Sara. La Camargue risuona di ritmi gitani

Come ogni anno, Saintes Maries de la Mer si riempie di pellegrini da tutto il mondo per venerare la patrona dei gitani

Pellegrini da tutto il mondo per Santa Sara. La Camargue risuona di ritmi gitani

Lui suonava per Brigitte Bardot. Lui suonava per Picasso. Lui, analfabeta di lettere e di musica, ha conquistato il mondo intero con la sua chitarra gitana. Ricardo Baliardo, detto Manitas de Plata se ne sta lì, con i suoi novant'anni suonati, è il caso di dirlo, e con la sua corte di figli e badanti a guardare la gente che gli si accalca attorno per una foto, una stretta di mano, un saluto almeno. Lui burbero e scostante, pare voler ascoltare solo la musica che qui in strada si fa sentire ovunque, facendosi spingere sulla carrozzina da un bar all'altro, da un angolo di via a una piazzetta. La vera statua in trionfo sembra essere lui, almeno fino a quando, dal portone principale della chiesa-fortezza di Saintes Maries de la Mer, non esce Santa Sara, portata in spalla dai fedeli fino al mare, scortata dai guardiani sui cavalli bianchi e seguita dalla folla di gitani che, ogni 24 maggio, giungono qui in pellegrinaggio da tutto il mondo.

La Camargue è il luogo in cui, secondo la leggenda, la storia e i testi quasi sacri, Maria Jacobé e Maria Salomé giunsero circa nel 40 dopo Cristo, vittime di persecuzioni in Palestina, arrestate e poi abbandonate alla deriva. Erano donne dell'entourage di Gesù e Maria, fedeli, fuggiasche e miracolate, poiché navigarono fin qui su una barca senza remi né vele. Ad accoglierle (o forse ad accompagnarle già nel viaggio insieme con Maria Maddalena, Lazzaro, Massimino, a seconda delle tradizioni) c'era questa giovane donna, scura di pelle, di nome Sara, che le accudì, perché le Marie erano anziane e stanche, e così si guadagnò la santità nonché la venerazione di tutte le "genti di viaggio" del mondo.

Fin dal mattino, ben prima della processione, donne silenziose e ordinate, dalle lunghe gonne variopinte, scendono nella cripta sotto la chiesa e donano alla statua della santa uno scialle, dopo aver pronunciato una preghiera veloce. Poi la abbracciano e la baciano, annodano il mantello offerto sulle sue spalle e lo accomodano, come farebbe una madre con la sua bambina prima di lasciarla uscire al freddo. E freddo fa davvero in questa giornata di fine maggio, sotto il cielo lucido della Camargue, che si riflette negli stagni e nelle saline annacquate.

Sopra la cripta, un flamenco spurio in tonalità minore risuona dopo l'omelia del prete, in una chiesa zeppa fino a straripare. Sui banchi campeggiano dei cartelli: "Réservé Gitans et gens du voyage". Sotto, la processione alla Santa è infinita e centellinata da un custode che non sa come fare per tenere l'ordine nella cripta, tra le candele che scaldano l'ambiente e anneriscono la volta del soffitto. Sopra, si sente uno dei venti preti officianti, o forse più, che impartisce la benedizione ai viaggiatori di tutto il mondo, perché il miracolo della fraternità discenda su tutti voi, gitani, zingari, sinti, rom, manouche e qualche altro ceppo incomprensibile da qui sotto.

E oggi pomeriggio, tutti pronti per partire in processione verso il mare, per una preghiera fatta con i piedi, dice una voce al microfono prima di attaccare l'ultima canzone da ballare uscendo dalla chiesa. Ma prima verrà calata dietro l'altare la cassa che contiene le ossa di Maria Jacobé e Maria Salomé, scoperte solo nel 1448, che di solito sta al sicuro in una nicchia appena sotto la volta della navata. Oggi scenderanno e si potranno toccare con le mani, durante la preghiera; domani saranno di nuovo issate e non si muoveranno fino ad ottobre, quando una seconda ricorrenza, certo meno frequentata di questa ma altrettanto importante per gli abitanti della zona, le richiamerà giù, alle carezze dei pellegrini.

Finalmente, fra un piatto di moules frites e una paella, bicchieri di vino rosato e balli sui ritmi dei cento gruppi musicali per le strade, arriva il momento più intenso della festa: la processione al mare. Sono le cinque e mezza, il sole è già più scuro che chiaro, sulla riva del mare migliaia di persone attendono l'arrivo dei cavalieri e poi dei religiosi con le croci, i fiori, gli stendardi e soprattutto lei, la Santa nera, protettrice di tutti i viaggiatori del mondo. Nel corteo lungo le strade, altrettanto affollate, le chitarre flamenche intonano musiche popolari, i sacerdoti i canti religiosi, i fedeli improvvisano balli e preghiere. Tutto si confonde con dolcezza e la camminata è un continuo "stop and go", fin quando le fila si fanno serrate, i fotografi e i cameraman si accalcano con le caviglie nell'acqua, i cavalli sono già schierati a protezione dal mare, rivolti verso la terra e con i loro bastoni sollevati in segno di rispettoso saluto. La Santa guarda verso l'orizzonte, coperta dei suoi cento strati di mantelli su cui è stata adagiata una veste d'argento e velluto verde. Il sole illumina il suo piccolo volto scuro, la musica sale, le voci si mischiano alle onde, i cavalli si innervosiscono, ma sanno che questo, per oggi, è il loro lavoro. Dietro front di tutta la folla: si torna in chiesa, si torna nella cripta.

Domani sarà la volta delle due Sante Marie, stesso percorso ma alla mattina. Meno gitani e più turisti, forse perché alla sera si fa tardi a bere e suonare e ci si ripresenta per strada solo nel primo pomeriggio. Ai bordi della cittadina, una fila infinita di camper, roulotte vecchie e nuove, furgoni e carri costituisce l'accampamento temporaneo delle genti di viaggio, partite per il pellegrinaggio due giorni fa, la settimana scorsa o anche da un mese; giunti qui con ogni mezzo di trasporto dal Brasile o solo da Marsiglia, dall'Italia e dalla Romania, dall'India o dalla Spagna. Quest'anno non è nato nessun bambino nei giorni della festa, ma è nato un cavallo, proprio nell'accampamento, dove anche capre e galline si sono accomodate per godersi il mare ventoso di primavera.

C'è tempo anche per uno scroscio di pioggia, poi le moto dei bikers di passaggio, le roulotte e le biciclette, le auto e i pulmini cominciano lentamente a tornare verso l'entroterra.

La strada per casa sarà altrettanto lunga, ma la preghiera alla Santa è stata recapitata e le orecchie risuonano ancora di una rumba gitana che non li abbandonerà presto.

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