Filippo Penati ha vinto la corsa ad annunciare per primo la candidatura, ma rimarrà il suo unico trofeo. Anche perché lUdc non correrà con lui e Rifondazione comunista, Verdi, Radicali e tutta la sinistra-sinistra gli faranno la guerra. E così sfidare Roberto Formigoni nella corsa di marzo alla presidenza della Regione è un po come decidere di andare a tutta velocità contro un muro. Impossibile non prevedere leffetto che fa.
Eppure Penati, uomo di partito fin da quando aveva i pantaloni corti e frequentava le sezioni del Pci a Sesto San Giovanni allora ancora Stalingrado dItalia, è uomo abituato a obbedire. E lha fatto anche questa volta quando il neo segretario dellancora in fasce, ma già trapassato Partito democratico Pier Luigi Bersani gli ha chiesto di candidarsi. Un po perché lha preso in simpatia, ma soprattutto perché si è reso conto che il Lombardia la sinistra non aveva nessuno da far correre. Nemmeno questa volta. Risparmi gli sforzi anche il lettore più appassionato di politica, è quasi impossibile ricordare i nomi dei candidati succedutisi e rapidamente scomparsi negli ultimi lustri. Segno che nel centrosinistra una classe dirigente credibile stenta a crescere.
Considerazioni amare. Ma da Penati nessun gran rifiuto («Ci sono momenti in cui non ci si può tirare indietro e non si possono fare solo calcoli»). Tra ex comunisti il partito viene prima di tutto. E sia lui che Bersani ex comunisti lo sono. Anche se il fu sindaco di Sesto ed ex presidente della Provincia ci tiene a sottolineare di essere sempre stato «un riformista». Con grande scorno del papà operaio tutto falce e martello, racconta sempre Penati con un pizzico di commozione. E quindi? Qualche resistenza e poi il sì. «Il formigonismo è al crepuscolo», racconta. Non molto convinto. E senza nemmeno molto convincere chi ieri era arrivato ad ascoltarlo. Ma lha detto. Forse per farsi e per fare un po di coraggio.
Non un sacrificio da poco, visto che fra un anno parte la corsa vera. Quella a cui davvero punta Penati. Che questestate non aveva ancora perso palazzo Isimbardi e lappetito gli si era già risvegliato. Con tanto di poltrona di sindaco di Milano nel nuovo menù. Cè chi dice che nel pacchetto-candidatura ci sia limpegno di Bersani a ri-candidarlo nel 2011. I più maligni, invece, assicurano che siano proprio i suoi compagni di partito a volerlo seppellire sotto una seconda sconfitta che renderebbe davvero impossibile anche ipotizzare una terza sfida. Intanto Penati non è nemmeno in grado di escludere lipotesi primarie. «Se si vogliono fare, cè il tempo per farle». A dimostrazione che la sua candidatura è un passo avanti al buio, senza sapere in quanti lo seguiranno. «Doveva presentare la sua candidatura ufficialmente - già lo stuzzica Formigoni - e non aveva neanche il suo partito accanto. Povero Penati». Che, nel frattempo, ipotizza una coalizione con Pd, Sinistra e libertà e Italia dei valori. Tonino Di Pietro permettendo, ovviamente. Il cannone di Rifondazione comunista già tuona. «Da Penati miopia e irresponsabilità», accusa il segretario regionale Ugo Boghetta. E allora meglio guardare in casa altrui.
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