Pensioni, l'ultimatum della Cgil

Epifani: "Accordo con Prodi solo se l’Unione è compatta". Ma sullo scalone la sinistra fa le barricate e litiga anche sulle donne. Beretta (Confindustria): "La norma in vigore funziona, non va toccata". E il deficit italiano spaventa l'Europa: non siete come la Francia, rispettate gli impegni

Pensioni, l'ultimatum  della Cgil

Roma - «Per noi è importante essere in condizioni di fare un accordo con il governo. Il governo a sua volta deve poter contare su una maggioranza coesa perché in caso contrario dovrà affrontare una crisi».
La teoria dei vasi comunicanti del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, è stata dimostrata attraverso una nuova formulazione. «Chiedo che si faccia in fretta - ha aggiunto - perché i lavoratori, il Paese, i pensionati non possono restare in questa situazione di incertezza come ormai lo sono da troppo tempo». Insomma, il boccino è nelle mani di Prodi che però dovrà fronteggiare anche il malcontento di Confindustria e delle altre associazioni delle piccole e medie imprese per essersi incartato su una controriforma che giova poco al sistema Italia.
«Il presidente del Consiglio - ha spiegato Epifani - si è preso una responsabilità. Aspettiamo che ci faccia sapere l’esito di questa sua scelta». Dopodiché «tutto sarà più chiaro». Cgil e sindacati potranno capire se c’è una soluzione o se resteranno «distanze da superare». Posto che l’esecutivo non si sia sfaldato nell’elaborazione della proposta.
È il premier che deve fare da camera di compensazione tra le trattative e la pressione che giunge dai partiti della sinistra radicale che stanno cercando di scavalcare a sinistra il sindacato. Anche il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che ha competenza diretta sulla materia, si è fatto da parte. «Aspettiamo che torni il presidente», ha chiosato. Il nodo lo dovrà sciogliere il Professore cercando di rendere digeribile l’ultima proposta elaborata dai tecnici di Palazzo Chigi, ossia quel mix tra scalini e quote trattando tanto sulle scadenze (gli intervalli potrebbero allungarsi da 18 a 24 mesi) quanto sulla possibilità di inserire incentivi a restare al lavoro, graditi soprattutto alla Cisl. Analogamente c’è disponibilità al confronto sui lavori usuranti cari all’estrema sinistra.
Ma il governo dovrà arrivare al tavolo con una proposta unitaria e senza interferenze esterne. Una crisi, infatti, smonterebbe un’eventuale intesa. «Prodi parli presto e sia coerente e responsabile», ha ripetuto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni auspicando una «soluzione sindacale», mentre «troppi politici e troppi partiti devono sgombrare il campo». Idem Luigi Angeletti della Uil («il governo non è in grado di trovare una posizione accettabile»). La speranza è trovare l’accordo sulle modalità di superamento dello scalone (che probabilmente saranno inserite nella prossima Finanziaria) entro la fine della settimana. Cgil, Cisl e Uil hanno stemperato la rivendicazione del ruolo di interlocutori dell’esecutivo sulla riforma previdenziale con un giudizio sostanzialmente benevolo nei confronti del Dpef nell’audizione di ieri alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato. Non è poco per un documento che finora ha attirato le critiche di Fmi e Commissione Ue.
E soprattutto quelle di Confindustria che teme una nuova pioggia di tasse. Il fatto che nel Dpef non si accenni allo scalone «proietta un’ulteriore preoccupazione sulla manovra reale che sarà delineata con la prossima Finanziaria», ha sottolineato il direttore generale di Viale dell’Astronomia, Maurizio Beretta. «Si sta registrando una pressione incomprensibile su una norma che sta funzionando, e cioè la somma della legge Maroni e della Dini».
Abbassare l’età pensionabile, infatti, richiederebbe altre risorse oltre ai 21 miliardi per «interventi dovuti esplicitati nel Dpef per i quali non è chiara la copertura». Si tratta dell’1,4-1,5% del pil e a Confindustria si teme l’ennesimo ricorso a una manovra correttiva. Un «cortocircuito» tra spesa e imposte che Confartigianato, Confesercenti e altre associazioni ascoltate ieri al Senato vorrebbero risolvere.


Ancora ieri sera, però, il ministro della Solidarietà sociale Ferrero (Prc) ribadiva che sullo scalone l’esecutivo «non ha una posizione unitaria». Preoccupando il ministro della Salute Turco (Ds): «Non è possibile che si rischi la crisi». Resta ottimista solo il segretario ds Piero Fassino: «Credo ci siano le condizioni per fare un accordo».

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