"Perseguitato dal fisco: chiudo per loro errore"

La testimonianza del titolare di un piccolo istituto di ricerche di mercato: "Equitalia pretende 200mila euro a causa di uno studio di settore sbagliato"

per giustificare lo scarto tra la mia dichiarazione dei redditi 2006 e l’importo risultante dall’ac­certamento induttivo. In quell’oc­casione­ho presentato una memo­ria difensiva dove spiegavo l’erro­re dell’accertamento induttivo. Lo studio di settore che mi riguar­da è relativo a oltre 1.700 contri­buenti, ma in Italia esistono me­no di 100 istituti di ricerca di mer­cato (fonte: Censimento Assirm 2007;Assirm è l’unica associazio­ne di categoria del settore). Non esistono 1.700 istituti di ricerca di mercato in tutta l’Europa e nem­meno negli Stati Uniti. Inoltre so­lo una ventina di istituti di ricerca di mercato fatturano meno di 5 milioni di euro e possono essere inclusi nello studio di settore. Tut­te le altre imprese incluse nel mio studio di settore fanno attività di­verse (marke­ting diretto, af­fitto salette, ca­tering, call­center, psicolo­gi, intervistato­ri), anche in­compatibili con la ricerca di mercato che, a differen­za del marke­ting diretto, non può opera­re nella vendi­ta e nella ricer­ca di clienti.

Dopo 15 me­si vengo c­onvo­cato nella stan­za 314 del­l’Agenzia delle Entrate di Fi­renze. La fun­zionaria debut­ta leggendo una proposta di «chiusura semplificata della contro­versia fiscale» per uno «sconto» del 50% circa. L’importo che dovrei versare non viene nominato, mi viene sola­mente fatto leggere da un fogliet­to, una specie di «pizzino». Chie­do di discutere invece della mia memoria difensiva che viene defi­nita dalla funzionaria come «non rilevante». Ribadisco inoltre la non aderenza dello studio di set­tore, che non rappresenta assolu­tamente la mia attività. In tutta ri­sposta vengo invece invitato a la­sciare l’Italia per trasferirmi in un altro Paese.

Secondo i funzionari le mie obiezioni erano irricevibili per­ché lo studio di settore sarebbe stato elaborato con la collabora­zione de­ll’associazione di catego­ria che rappresenta la mia attività la quale avrebbe anche approva­to e sottoscritto il già citato stu­dio.
Queste affermazioni dei fun­zionari dell’Agenzia delle Entrate di Firenze sono state poi smentite da Assirm, che dello studio di set­tore SG41U non solo non era mai neppure stata informata ma ha sempre affermato, inviando varie raccomandate al Sose (la società che definisce gli Studi di settore), che lo studio era statisticamente sbagliato fin dalle sue fondamen­ta ( me ne ha rilasciato una dichia­razione ufficiale).

Secondo i funzionari dell’Agen­zia delle Entrate di Firenze non ha alcuna rilevanza che sia stato co­stretto a ridurre il personale da 4 a 2 dipendenti. E nessuna rilevan­za hanno accordato al fatto che proprio nel 2006 sia stato ricovera­to­in cardiochirurgia per l’applica­zione di 2 stent coronarici (ische­mia cardiaca successiva a pregres­so infarto miocardico). Mi è stato invece fatto capire con linguag­gio allusivo che mi poteva venireconcesso un ulteriore sconto fino a circa il 30%dell’importo dell’ac­certamento induttivo.

Quando ho rifiutato il capo-te­am della stanza 314 mi ha spiega­to che l’ufficio si vedeva costretto a contestarmi un ulteriore indizio di evasione: l’antieconomicità della mia impresa. Non aveva rile­vanza che solo qualche settima­na p­rima del contraddittorio ave­vo versato 22mila euro di tasse anticipate. Il contraddittorio si è chiuso con la mia richiesta di una copia della «transazione» che mi avevano proposto, quella specie di «pizzi­no »: richiesta naturalmente re­spinta dai funzionari.

Perché ho rifiutato la «transa­zione »? Perché le tasse io le ho pa­gate tutte, per il motivo che non posso fare altrimenti: nella ricer­ca di mercato si lavora solo con le aziende e in questa attività non esistono aziende disposte a rinun­ciare alla fattura o a sottofattura­re.

Qualche settimana fa ho parte­cipato a un convegno di Assirm su­gli studi di settore, ho raccontato il mio caso suscitando increduli­tà. «Ma di che cosa stiamo parlan­do? Mai sentito in questo settore di un’azienda che accetti di rinun­ciare alla fattura» è stato lo scon­c­ertato commentato di un rappre­sentante di uno dei maggiori isti­tuti di ricerca.Sono ricorso contro l’avviso di accertamento alla Commissione tributaria provinciale la quale ha dato completamente ragione al­l’Agenzia delle Entrate. Siccome infatti i funzionari della stanza 314 hanno dichiarato di aver valu­tato le mie giustificazioni ma di averle giudicate inadeguate, se­condo la sentenza, si dimostra che non sono stato in grado di spiegare lo scarto tra la mia di­chiarazione dei redditi e l’impor­to­presunto dall’accertamento in­duttivo. Si presuppone infatti l’imparzialità dei funzionari del­la Pubblica amministrazione, che non hanno motivi personali per perseguire un contribuente onesto.

A questo punto mi ritrovo inat­te­sa dell’esito del ricorso in appel­lo con oltre 200mila euro da versa­re a Equitalia (gli interessi galop­pano), un esborso che mi costrin­gerebbe a licenziare i

miei ultimi 2 dipendenti e a chiudere l’attivi­tà. Scomparirebbe così dopo qua­si 30 anni di attività l’unico istitu­to di ricerca di mercato esistente in Toscana. 

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