Cesare G. Romana
da Milano
Era fatale che il quarantennale cammino della Pfm facesse tappa, prima e poi, nei dintorni dellopera rock. Come in questo Dracula, che oggi è un magnifico album da poco uscito e in prospettiva sarà uno spettacolo itinerante prodotto da David Zard, già artefice di eventi storici come Notre Dame de Paris di Cocciante e Tosca di Dalla. Dracula rende giustizia alla vocazione teatralissima che dallalba degli anni Settanta consentì alla Pfm di introdurre, in Italia, un nuovo filone, quello visionario e polimorfo del rock progressivo. La vicenda è antica di secoli, ed è quella del principe-vampiro che qui simmagina torni sulla terra per testimoniare lirrisolvibile conflitto - e compresenza - tra il bene e il male: «storia di unaltra età» e tuttavia «specchio della realtà/ perché il bene non può liberarsi dal male», canta, su testo di Vincenzo Incenzo, un maiuscolo Franz Di Cioccio nel brano introduttivo. Dopo unOuverture dove un avvio metafisico sapre al graduale montare del dramma, preannunciando lassillo gotico che lieviterà fino alla fine dellopera, tra echi stravinskiani e zappiani, psichedelia e classicità, andamenti di stravolta danza popolare, sinfonismo e riottosa cantabilità. Con nessuna concessione alla melodia ruffiana e molto allurto dei colori, allimpazienza barbarica dei ritmi e allonda ampia del coro conclusivo.
«Volevamo esplorare - dicono Franco Mussida, Franz Di Cioccio, Flavio Premoli e Patrick Djivas, autori e interpreti integrati in Un destino di rondine dalla voce accorata di Dolcenera - gli umori sonori dun neoromanticismo ambientato in un medioevo mitologico, utilizzando le progressioni ritmiche della popsong e la dimensione sinfonica delle orchestrazioni di Natale Massara. Per cogliere il contrasto tra umano e sovrumano, dannazione ed estasi, devastazione e bisogno damore che segna di sé il mito di Dracula». Il risultato è spesso splendido, la tavolozza sonora ampia e cangiante, il confine tra il passato remoto della fiaba carpatica e lattualità del linguaggio è dissolto da uno stile che non ricusa modelli arcaici, rileggendoli però con prepotente modernità: nel segno - dicono ancora i quattro musicisti - «dun rock tecnologico punteggiato da passaggi di pura psichedelia».
Donde i voluti contrasti che caratterizzano una partitura - e un libretto - tutta giocata sui contrasti dellanimo umano: la melodia da cartoon disneyano, lieve e fluente, di Il mio nome è Dracula, il lied raggelato di Non guardarmi, il lunatico divertissement di Ho mangiato gli uccelli, la danza medievale di Il castello dei perché, i testi asciutti e densi di Incenzo sono altrettanti segmenti dun «poema sinfonico», così lo definiscono gli autori, imprevedibile e spiazzante.
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