Alt, campo nomadi abusivo, strada riservata agli zingari. Vietato laccesso agli italiani. Succede nel cuore di Roma, la capitale dItalia. Da 13 mesi un marmista e la sua bottega sono prigionieri dei nomadi. I rom per andare via pretendono una sorta di buonuscita: un posto di loro gradimento, possibilmente in centro o vicino a un ipermercato, a un monumento frequentato dai turisti, lontano dalla puzza del traffico. Una storia di ordinaria follia, tollerata e incoraggiata dal buonismo a senso unico dellex sindaco Veltroni.
Teatro della vicenda il centralissimo lungotevere Testaccio. Tra largine del fiume e la ferrovia. Antefatto il 3 aprile del 2007. E il giorno dello sgombero dei nomadi di Campo Boario. Grande spiegamento di polizia e vigili urbani. Dichiarazioni altisonanti di Veltroni su legalità e solidarietà. Uno di quegli sgomberi cari al sindaco, di cui si conosce linizio, ma si ignora la fine: dove finiranno i nomadi? Non cè da attendere molto. La risposta Fabio Franceschini, marmista a Testaccio da sette generazioni, ce lha nel giro di 24 ore, andando al lavoro la mattina dopo. Roulottes, tende, grosse Mercedes, cucine da campo, panni stesi, bacinelle piene di acqua e sapone, galline, motorini. Tutta la strada che dalla fine del lungotevere porta a largo Giovanni Battista Marzi, dove cè la bottega del marmista, a poche decine di metri da ponte Testaccio, è diventata un campo di zingari. Alle 8 del mattino Franceschini scopre di essere prigioniero dei rom, la sua vita è distrutta.
Per arrivare dal marmista bisognerebbe fare 300 metri, a piedi, fra le tende e i camper, fra i ragazzini che si rincorrono. Magari nei pomeriggi dinverno, al buio. I clienti non ci pensano neppure, spariscono dalloggi al domani ordini e incassi. Il marmista non si dà per vinto. Per prima cosa si rivolge al Municipio. Risultato? «Lassessore alle politiche sociali, Rifondazione comunista, mi ha ricevuto e promesso un sussidio. Non ho visto un centesimo. Dopo 5 riunioni a vuoto, ho capito che perdevo solo tempo». Poi scrive a Veltroni. Risultato? «Non mi ha risposto». Nel frattempo il Comune, - incredibile, ma vero - invece di cacciare i rom, che si sono appropriati di una strada pubblica, tergiversa. Alla fine, si decide. Offre ai nomadi unaltra area dove potersi sistemare. Ma i capifamiglia dicono di no: «Larea proposta non è adatta al nostro standard di vita», rispondono. Non se ne fa niente. Morale: il campo negli ultimi due mesi si è ingrossato, Franceschini è stato abbandonato al suo destino dal Comune. Eppure la bottega esiste a Testaccio dal 1951, è alle spalle del Mattatoio, dovrebbe essere tutelata dal punto di vista storico. Niente. Nel frattempo luomo ha visto prosciugarsi il conto in banca, è sepolto da una montagna di debiti. Continua a pagare laffitto alle Ferrovie dello Stato. «Passo le giornate con le mani in mano - racconta -. Soffro di disturbi nervosi. I nomadi in questi ultimi due mesi sono aumentati. Ora sono circa 300 persone».
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