Quella della focaccia al formaggio di Recco è una storia d'altri tempi. La storia, soprattutto, di un mangiare povero, come povere sono le origini di moltissimi piatti tipici della tradizione italiana. Gianni Carbone, fino a ieri presidente del Consorzio Recco Gastronomica, un'associazione di ristoratori che si propone di proteggere l'autenticità delle prelibatezze locali, è un po' un esperto delle vicende legate alla focaccia recchese.
Se la focaccia di Recco potesse parlare
quanto avrebbe da raccontare?
«Moltissimo: da piatto tradizionale della festività dei Morti per la gente di qui a delicatezza culinaria per il palato di Gabriele D'Annunzio e Guglielmo Marconi, che la apprezzavano molto: un bel passo, no? E poi è arrivato il turismo di massa, l'autostrada ed ecco lo straordinario successo della nostra focaccia».
Certo che per soddisfare tutte le bocche golose che scendono a Recco per gustare la focaccia avrete dovuto cambiare abitudini produttive
«Sicuramente la svolta degli anni '50 e '60 ha un po' stravolto le cose. In realtà, in origine per preparare la focaccia si utilizzavano le formaggette prodotte dagli allevatori locali, la cui attività nel frattempo si è estinta. Ma anche se ci fossero ancora mucche da latte qui in zona, non basterebbero a produrre tanto formaggio quanto è necessario».
Il sospirato riconoscimento dell'Igp sta per arrivare oppure occorrerà aspettare ancora?
«In teoria dovremmo esserci. I requisiti ci sono tutti: ora il formaggio può essere prodotto ovunque, basta che il latte sia ligure.
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