Il piccolo califfato nel cuore d'Europa

Il quartiere di Schilderwijk, a L'Aja, è totalmente abitato da maghrebini. Che hanno sfilato con le bandiere dell'Isis. Sostieni il reportage

Il piccolo califfato nel cuore d'Europa

Il sindaco dell'Aja, Jozias van Aartsen, vorrebbe una gomma per cancellare da qualsiasi giornale il poco lusinghiero appellattivo di «Califfato d'Europa» che la capitale olandese si è guadagnato in pochi mesi. Eppure i numeri forniti da «Inlichtingen en Veiligheidsdienst», i servizi segreti dei Paesi bassi, non lasciano spazio a particolari congetture: nel 2014 sono partiti per Siria e Irak a combattere la guerra con i miliziani di Al Baghdadi 197 giovani (con passaporto olandese), 140 dei quali provengono dall'Aja. Non da tutta la città, gli arruolamenti partono dal quartiere di Schilderwijk, a ridosso della stazione ferroviaria di Den Haag Centraal: 5mila abitanti, per il 97% originari del Maghreb, un distaccamento del nord Africa adagiato quasi sulla battigia del Mare del Nord.

Tra arresti di musulmani in odore di supporto all'Isis e residenti inferociti che denunciano l'instaurazione di un klein kalifaat (un mini califfato), l'Aja, sede di ben due corti internazionali per crimini contro l'umanità, è in piena crisi di nervi. Lo scorso 10 agosto è accaduto un episodio al quale i media hanno prestato pochissima attenzione. A Schilderwijk hanno sfilato le bandiere dello Stato islamico, poi il corteo si è spostato in prossimità delle strade dove vengono processati i carnefici della guerra dell'ex Jugoslavia e di tanti brutali conflitti africani. Le bandiere nere sventolavano anche contro la carcerazione (considerata ingiusta) del reclutatore olandese per il jihad, Oussama Abu Yazeed. È stato forse il momento più difficile per l'Aja, che qualche settimana prima, il 24 luglio, aveva ospitato una manifestazione, consentita dalle autorità, di sostegno alle popolazioni palestinesi. I partecipanti erano quasi tutti cittadini del Marocco. Molti dei presenti avevano il volto coperto con delle kefiah con i colori palestinesi e alcuni hanno iniziato a intonare un coro da stadio, modificato per l'occasione: «Chi non salta è un ebreo».

Schilderwijk non è un problema recente: Mohammed Bouyeri, l'uomo che nel 2004 sgozzò il regista Theo Van Gogh in pieno centro di Amsterdam, per eseguire una fatwa legata alla pubblicazione del suo cortometraggio Submission , era un militante di Hofstad Network. Si tratta della rete del fondamentalismo in Olanda, che ha pianificato diversi attentati e che prima di venire sgominata dalle forze dell'ordine aveva il suo quartier generale proprio nel klein kalifaat .

Il tasso di disoccupazione e il livello di disagio sociale, che nell'area raggiungono livelli record, sono state spie d'allarme a lungo ignorate dalla signorile e conservatrice L'Aja, roccaforte elettorale del Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders. La sorpresa nella sorpresa è arrivata dalle parole del sindaco van Aartsen sulla sfilata pro-Isis. Quello che vorrebbe cancellare tutto se n'è uscito con una frase che suona così: «I manifestanti non hanno infranto alcuna legge». Dichiarazione che ha lasciato di sasso la popolazione, alla luce anche delle foto che circolano in rete, dove un cittadino olandese-iracheno, Khalid K., viene ritratto a Raqqa circondato da alcune teste mozzate e impalate sopra una recinzione.

Un regalo inaspettato per i terroristi perché nonostante il susseguirsi di contromanifestazioni organizzate da «Pro Patria», piattaforma per la liberazione dall'islam, che può contare su una pagina Facebook e sul sostegno dei redivivi neofascisti del Nederland Volksunie, gli arruolamenti avvengono a getto continuo. Il quartier generale è la scuola coranica «Minhaj Ul». Tutti conoscono Oussama Abu Yazeed: usava nei suoi sermoni parole sprezzanti contro gli integralisti, ma teneva al tempo stesso i contatti con i miliziani del Califfato che accompagnano i giovani di Schilderwijk fino ad Akcakale, sul confine turco-siriano. Tutti lo conoscono, ma nessuno fa il nome di chi ha ereditato il comando al numero 66 di Houtzagerssingel.

Mostriamo a qualche ragazzo in strada una pagina del quotidiano Trouw , dove il professor Edwin Bakker, studioso di terrorismo presso l'università di Leiden, ha redatto una mappa del fondamentalismo islamico nei Paesi bassi. Tra i dati emerge che ad Amsterdam risiedono più musulmani che altrove nel Paese. Quasi un abitante su cinque della capitale è fedele al Corano.

Le roccheforti degli aspiranti jihadisti sono Rotterdam e l'Aja, città dove i politici dell'ultimo decennio hanno trattato i problemi correlati con l'integrazione solo come una questione di ordine pubblico. Leggono, o fanno finta di farlo, sorridono e ammettono di non saperne nulla. Ci sono quelli che invece si dimostrano più aggressivi, verbalmente. Li abbiamo incontrati al Berckheidelaan, uno snack bar non lontano dalla scuola coranica, dove la birra (solo la Amstel) è permessa, ma di altri alcolici neppure l'ombra. «Siete voi giornalisti a scrivere mostruosità e a tormentare la nostra religione. Lasciateci in pace». In molti sostengono di aderire a un islam «più morbido», seguendo la strada tracciata dall'assicuratore di origini algerine Abdelaraz Khoulani, l'attuale uomo forte di Schilderwijk. Ha fondato il Partito dell'unità, emanazione della Fratellanza musulmana, ottenendo due seggi alle elezioni comunali dell'Aja del 2014.

Si considera un moderato, ma le frasi pro-Isis e Califfato, postate di recente su Facebook, lo fanno apparire più un problema da affrontare alla svelta dalle autorità investigative, piuttosto che un uomo del dialogo di un quartiere alla deriva, collocato solo geograficamente in Europa, ma ormai con solide radici nella provincia oscura del Califfato.

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