Di Pietro, promesse ai costruttori La sinistra radicale lo processa

Comunisti, Verdi e Sdi "censurano" il ministro sulle grandi opere: "Non rispetta il programma elettorale. Le accuse degli alleati: "Nell'allegato del Dpef sulle infrastrutture non viene modificata la legge obiettivo"

Di Pietro, promesse ai costruttori 
La sinistra radicale lo processa
Roma - Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, è riuscito a superare il muro di diffidenza dei costruttori presenti all’assemblea Ance promettendo opere pubbliche, tempi rapidi e certezza del diritto. Ma è bastato qualche applauso da parte della platea imprenditoriale per scatenare l’ubbia della sinistra radicale che ha rimesso in discussione l’intero impianto dell’allegato infrastrutture al Dpef condizionando il parere della commissione Ambiente della Camera.

Ma andiamo con ordine. L’origine della contesa è stata la relazione del presidente Ance, Paolo Buzzetti, che ha parlato di «asfissia degli appalti» determinata «dall’allarmante caduta della domanda pubblica» con una flessione del 17% dei bandi di gara nel 2006. Un atto di accusa nei confronti della classe dirigente di centrosinistra che ha «elevato a sistema la politica del “no”», come ha dimostrato il caso-Tav e la revoca degli appalti disposta dalla Bersani-bis. A imprese che producono il 10% del Pil, ha lamentato Buzzetti, si risponde con «il protagonismo legislativo delle Regioni» e con una politica fiscale «intollerabile».

A tutti questi rilievi Di Pietro ha voluto replicare punto per punto approfittando della presenza del premier Prodi per ribadirgli la sua linea politica. «Bene ha fatto il precedente governo a porre le infrastrutture al centro, ma non è colpa mia se nel 2006 si è registrato un arresto per mancanza di risorse disponibili», ha sottolineato aggiungendo che «da qui ai prossimi 4 anni ci siamo impegnati a rifinanziare la Legge obiettivo per 32 miliardi e con i fondi Ue possiamo arrivare fino a 100 miliardi, però si farà quel che si può».

Allo stesso modo, sulla revoca delle concessioni Tav Di Pietro ha promesso di «adeguarsi» al responso del Tar. «Se il giudice vi darà ragione, ne prenderemo atto». Il ministro ha puntato il dito contro lo «pseudoambientalismo di maniera» che si oppone alla realizzazione delle opere. E ha precisato che la riscrittura delle convenzioni autostradali è stata finalizzata a consentire a un maggior numero di imprese di partecipare alle gare per i lavori. I costruttori hanno apprezzato e l’intervento di Di Pietro è stato più volte applaudito.

Ma il leader dell’Italia dei valori aveva fatto i conti senza la sinistra radicale. I responsabili ambiente di Prc, Pdci, Sd, Verdi e Sdi gli hanno risposto a stretto giro di posta evidenziando che «l’Allegato infrastrutture al Dpef non è coerente con il programma dell’Unione» che prevedeva una «modifica profonda» della Legge obiettivo. Alle parole sono seguiti i fatti.

La commissione Ambiente della Camera, infatti, ha dato parere favorevole all’Allegato ma con delle clausole imposte dai capigruppo dell’estrema sinistra tra i quali la verde Grazia Francescato. «Sono state poste condizioni rigorose - hanno dichiarato - come il ripristino delle procedure, la valutazione ambientale per le infrastrutture strategiche e l’accantonamento delle opere non condivise dai territori».

«La maggioranza è allo sbando e il ministro Di Pietro è sul banco degli imputati», hanno sottolineato Maurizio Lupi e Franco Stradella di Forza Italia e Tommaso Foti di An. «Non riesco a capire le contestazioni della sinistra radicale e se lo desiderano manderò a quei deputati la copia aggiornata dell’allegato», dice al Giornale Stefano Pedica (Idv), consigliere politico di Di Pietro. «Non vogliamo scendere al loro livello - aggiunge - e confido che Fi e An comprendano l’importanza del tema infrastrutture considerato che hanno fatto tante cose buone nella passata legislatura». E la Cdl ha già capito l’antifona e oggi in commissione Ambiente alla Camera è pronta a votare sì su Brebemi, Pedemontana e Asti-Cuneo sopperendo a eventuali defezioni «radicali». I venti di crisi, quindi, non riguardano solo il capitolo pensioni.
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