Cronache

Per un Pirandello senza tempo la classe di Bosetti

Per un Pirandello senza tempo la classe di Bosetti

Francesca Camponero

Intramontabile il testo pirandelliano di «Così è (se vi pare) anche se, a differenza dei testi dei classici, non è facile spostarlo dall’epoca in cui è stato concepito e scritto. Viene difficile pensare che esistano ancora pettegoli salotti di provincia in cui ci si diletta a interessarsi tanto della vita privata del vicino di casa. Molto più credibile supporre che l’interesse si rivolga alle vicende del rapporto Al Bano-Lecciso, di cui ridondano i rotocalchi rosa e i programmi «gossip» televisivi. Quello che però è sempre attuale, e sempre lo sarà, è il cosiddetto relativismo, che non ammette principi assoluti, ma solo verità relative, posizione filosofica che ritroviamo nella maggior parte delle opere teatrali di Pirandello.
Posizione filosofica che riservò all’autore le grida: «Manicomio! Manicomio!» urlate da un pubblico scandalizzato alla prima di «Sei personaggi in cerca di autore». Certo questo non succederebbe più ad un nuovo autore che proponesse un tema del genere ai giorni nostri, in cui siamo ben consapevoli che al mondo di verità ce ne è ben più di una, così come la legge non è uguale per tutti.
Ecco perchè si può affermare, senza ombra di dubbio, che Pirandello con «Così è (se vi pare)» è stato antesignano nel tirare in ballo quell’ondata di malessere che vi è nell’animo umano quando si pone delle domande e che solo uno scrittore può certificare in una protesta ontologica amara e cruda portata sulle luci della ribalta.
Il sarcastico personaggio di Laudisi diviene il demiurgo dell’intera azione, ed è Giulio Bosetti, a sostenerne il ruolo. Un Bosetti che, da oltre 50 anni, interpreta le opere di Pirandello, sia come attore, che poi, come regista, e che qui ha voluto dare una lettura particolare al testo in cui fa trasparire un rapporto amoroso fra la Signora Frola e il genero, il Signor Ponza.
Proposta registica azzardata, ma accattivante, quando si vede comparire in scena una Signora Frola interpretata magistralmente da Marina Bonfigli, attrice che dimostrò già il suo talento nel 1953, impersonando Polly nella prima regia di Strehler de «L’opera da tre soldi» di Brecht. Infatti, la Bonfigli, ha ben poco a vedere con la vecchina piccola e tremante che proponeva 50 anni fa la grande Emma Gramatica! La Signora Frola di Bosetti è presentata come una donna ancora piacente e affascinante sin dalla prima apparizione, cui la si ammira, dietro a un tulle, in sottoveste nera.
Giulio Bosetti, impeccabile nella sua recitazione naturalistica, ben indossa gli abiti del signore di una borghesia di provincia, forse scomparsa, ma che fa ancora piacere vedere nell’eleganza dei modi e nella signorilità di espressione. Lo specchio a centro scena gli serve per il monologo del secondo atto, in cui evidenzia la filosofia dell’autore parlando con la sua immagine riflessa. Nella sua regia tutto si svolge con garbo e studiata lentezza, tra luci e ombre di un salotto dalle tappezzerie grigie, con il ritmo di una danza che si chiude con l’immagine di un bacio senz’altro mai dato, forse solo sognato. Gli attori della Compagnia del Carcano rispondono egregiamente alle direttive di Bosetti, che, seduto il più del tempo ad un angolo della scena, continua ad osservarli anche dopo le prove. All’attore-regista si rimprovera solo di non richiedere dagli attori della sua compagnia una recitazione più simile alla sua, per questo lo spettacolo, risulta senz’altro di maniera, quindi ben inserito nel contesto storico, non per questo, però, ci giunge obsoleto.

La classe non sarà mai fuori tempo.

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