Nessun accanimento contro luomo con la pistola che spara ai poliziotti in via De Amicis in quel tragico 14 maggio del 1977. Nessuna tentazione di sopprimere i diritti costituzionalmente garantiti. Semplicemente una domanda. O quantomeno il dubbio che forse non sia così opportuno affidare un incarico non solo di responsabilità, ma anche di rappresentanza come quello da capo di gabinetto del vicesindaco, a quello che fu un feroce estremista rosso. Capace di sparare ad altezza duomo contro i poliziotti. Quei proletari che Pier Paolo Pasolini difendeva, disprezzando gli studenti alto borghesi e figli di papà manifestanti per noia. Una biografia politica e giudiziaria, quella di Maurizio Azzolini allora minorenne e iscritto allistituto Cattaneo, che certo non lo può marchiare per sempre. Ma il rispetto dovuto allagente Antonio Custra, morto difendendo con la sua divisa da poliziotto lo Stato minacciato da Azzolini e dai suoi compagni criminali, forse suggerirebbe anche oggi che son passati trentacinque anni un atteggiamento diverso da quello del sindaco Giuliano Pisapia. Che, dopo un giorno di silenzio, è sceso in campo per difenderlo. «Mi sembra che non ci sia nulla da criticare - ha detto ieri a margine dellinaugurazione della Bocconi - Credo che quello del reinserimento dei condannati sia un principio costituzionale che non bisogna esaltare solo a parole, ma anche nei fatti». Perché, secondo Pisapia, Azzolini «era minore quando ha commesso i fatti, ha espiato la pena ed è giusto che in un momento in cui ha dimostrato capacità nellambito del suo lavoro, possa avere anche ruoli di responsabilità». Tralasciando, forse, che Azzolini e i suoi due compagni autonomi del Cattaneo immortalati nella celebre foto in bianco e nero, furono presi e condannati per concorso in omicidio: 14 anni e 7 mesi per Valter Grecchi, 9 anni e 11 mesi per Azzolini e Massimo Sandrini. Azzolini, poi destinato alla comunità di recupero Exodus di don Mazzi, durante il processo ammise di aver sparato ad altezza duomo, ma di non essere in grado di dire se fosse stato lui ad ammazzare Custra. Ma ha anche confermato di essere la persona intenta a sparare, ritratta di spalle nella foto. Nel processo bis il giudice Guido Salvini dimostrò che a sparare a Custra fu la 7.65 del poi pentito Mario Ferrandi, detto «Coniglio».
Mentre lex vicesindaco Riccardo De Corato ricorda come ci volle una giunta di centrodestra e un trentina di anni perché il vicebrigadiere Custra potesse avere almeno una targa lì dove morì. Non solo.
Pisapia sta con lex estremista: «Ha pagato»
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