Un orologio, di per sé non costituisce reato. Ma se gli orologi sono tanti, costosi e pagati con i fondi neri costituiscono - se non un delitto - una traccia importante per ricostruire un sistema di rapporti, di legami, di favori. A Giuseppe «Pino» Grossi gli orologi sono sempre piaciuti, al proprio polso e a quelli dei suoi amici. E adesso che la lista dei destinatari di quei regali è finita - come si dice con insistenza - nelle mani della Guardia di finanza, lelenco viene analizzato meticolosamente dagli investigatori. Anche dalla sua analisi dipende se la Procura arriverà o meno a fare scattare la fase due dellinchiesta Santa Giulia, quella che punta a sbarcare nei piani alti della politica lombarda.
Ma quanti sono, gli orologi e i loro destinatari? Ufficialmente ancora non si sa, ma si può andare per deduzione. I due ex finanzieri messi a libro paga da Grossi, Giuseppe Anastasi e Paolo Pasqualetti, hanno parlato di almeno sei milioni di euro prelevati dai conti occulti del «re delle bonifiche» e destinati allacquisto di orologi. E hanno indicato uno dei gioiellieri di fiducia di Grossi cui si rivolgevano per gli acquisti: Umberto Verga, negozio in via Dogana 3, a due passi dal Duomo. Per un solo orologio, destinato al polso di Grossi stesso, i due hanno raccontato di avere pagato a Verga 240mila euro. Calcolatrice alla mano, se anche gli altri orologi sono costati la stessa cifra, significa che nella lista ci sono almeno altri 24 nomi.
Umberto Verga, interrogato nei mesi scorsi, dice di avere visto in alcune circostanze solo dei nomi di battesimo allegati agli orologi. Anastasi e Pasqualetti hanno chiesto che il gioielliere venga chiamato a deporre nel processo contro di loro «sullacquisto di altri orologi in nome e per conto del signor Grossi ma fatturati ad altre società del gruppo, le modalità di acquisto di tali orologi, gli ordini, la fatturazione, i pacchetti regali ed il ritiro». Ma la Procura sarebbe già diversi passi avanti. Secondo fonti attendibili, lelenco completo dei destinatari dei regali sarebbe già stato sequestrato dalla Gdf nel corso di una perquisizione negli uffici o nellabitazione di Grossi.
Alla «fase due», quella che punta a portare alla luce storie di tangenti e di corruzione, la Procura punta quasi dallinizio dellinchiesta: «Rileva questa difesa come nel corso degli interrogatori linteresse dellaccusa sia stato maggiore in direzione di ipotesi di corruttela», scrivono i difensori dei due ex finanzieri nellistanza di scarcerazione dei loro assistiti.
E aggiungono: «Grossi consegnava agli imputati dei bigliettini indicanti limporto da bonificare a un determinato nominativo (solitamente un soprannome, un acronimo o un nome di persona); Anastasi e Pasqualetti dopo avere effettuato il bonifico dovevano registrare tali dati su pen drives, che sono state ritrovate e sequestrate dalla Procura solo grazie alla puntuale indicazione degli imputati, poiché nascoste nellintercapedine di una mensola di un armadio, contribuendo a decifrare in via logico deduttiva alcuni degli acronimi indicati». Unaltra lista, insomma, cui la Procura si affida per i prossimi «botti» dellinchiesta sul grande pasticcio di Santa Giulia.
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