Piero Pizzillo
Insolita animazione ieri mattina a palazzo di giustizia. Sono da poco trascorse le nove, fa freddo, cè un tempaccio, quando qualcuno dice: cè Mancini, io lho visto, sono sicuro, è lui. La voce si sparge in un batter docchio. Latrio comincia ad a affollarsi. È tutto vero, il popolare «Mancio» è in tribunale. È accompagnato dal suo legale, lavvocato Maurizio Mascia, e da don Mario, il prete della vicina chiesa della Consolazione, suo grande amico, che lo «marca» stretto. Gli aficionados gli si stringono intorno: cè chi chiede lautografo, chi esprime la propria ammirazione, uno gli dice: «Ti ricordi, ci siamo conosciuti 15 anni fa». Quindi dopo gli applausi a un grande campione del calcio, oggi «mister» dellInter, Mancini entra in unaula del quarto piano, per essere interrogato come teste, nel processo per falsa testimonanza a carico della dipendente della Fiera di Genova, Manuela B. Ludienza si svolge dinanzi al giudice monocratico distrettuale Simonetta Colella. Il pubblico ministero è Francesco Pinto, interista doc (come lo è del resto lavvocato Mascia, che non perde una partita). Certamente non capita tutti i giorni a un magistrato, anche di lungo corso come Pinto che ha affrontato una miriade di procedimenti (tra cui Assicuropoli, G8, scandalo Dogane), dover interrogare un teste deccezione, come lallenatore della sua squadra del cuore. Va anche detto che un altro magistrato con trascorsi e «simpatie» sportive entra in questo processo. È Alberto Lari (caso Genoa e calcio scommesse), presente nelludienza in cui Manuela B. venne rinviata a giudizio.
Mancini ha ricordato ieri i fatti che sono alla base della vicenda. Nel marzo 97 (da calciatore della Lazio) stipula con la Fiera un contratto da testimonial, prorogabile di anno in anno, con possibilità di disdetta tre mesi prima della scadenza. Lente a partire dal terzo anno, sostenendo di non aver adeguatamente utilizzato limmagine del calciatore, avrebbe mandato lettera di disdetta, consegnata a mano da una funzionaria della Fiera (deceduta qualche anno fa) al procuratore Giorgio De Giorgis. Siamo in pieno giallo. Luomo (munito di registratore) va dalla suddetta dipendente che nega, anzi dice che la missiva non è stata mai scritta.
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