Il governo taglia l’Irpef agli agricoltori

Imposta zero per due anni ai redditi fino a 10mila euro. Meloni: "Aiuto a chi è in difficoltà"

Il governo taglia l’Irpef agli agricoltori
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Esenzione integrale dell’Irpef agricola per i redditi agrari e dominicali fino ai 10mila euro, e imposta dimezzata per quelli oltre 10mila euro e fino a 15mila non solo per il 2024 ma anche per il 2025. È quanto prevede un emendamento del governo firmato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al dl Milleproroghe, che dovrebbe scrivere la parola «fine» alle proteste degli agricoltori che hanno caratterizzato le ultime settimane. La misura imprese costerà 220,1 milioni di euro nel 2025 (perché avrà effetto al momento della presentazione delle dichiarazioni; ndr), mentre peserà per 130,3 milioni nel 2026. Il costo totale, pertanto, sarà di 350,4 milioni.
Reperire le coperture non è stato facile. Ecco perché nel comunicato ufficiale di ieri sera il premier Meloni ha ringraziato in primis il ministro Giorgetti e il suo vice Leo per «aver individuato le risorse» e poi il titolare dell’Agricoltura Lollobrigida, trait d’union tra mondo dei «trattori» ed esecutivo, oltre ai vicepremier Tajani e Salvini. «Il provvedimento sull’Irpef - che è stato proposto dal governo su mio preciso indirizzo - garantisce un intervento progressivo che esenta maggiormente gli agricoltori che si trovano più in difficoltà ed esclude dal beneficio coloro che oggettivamente non ne hanno bisogno», ha sottolineato Meloni intestandosi personalmente la svolta decisiva nel difficile confronto.
Una visione condivisa dallo stesso Lollobrigida che ha evidenziato «l’attenzione del governo verso le istanze degli agricoltori» dimostrando «senza proclami e slogan, con provvedimenti concreti che altri governi non hanno mai adottato, la propria vicinanza a tutto il mondo agricolo». Un messaggio sulla reale paternità del provvedimento rivolto tanto alle opposizioni (con il Pd che ha presentato un subemendamento per azzerare l’Irpef anche ai grandi latifondisti) quanto alla maggioranza. In ogni caso, si è ulteriormente cementato il rapporto tra l’esecutivo e le associazioni di categoria con Confagricoltura che ha definito la norma «un passo importante», mentre il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ieri era a Bruxelles per incontrare la presidente dell’Europarlamento Metsola e il commissario all’Agricoltura Wojciechowski per chiedere la cancellazione totale dell’obbligo di terre incolte (sospeso per tutto il 2024) e una deroga sugli aiuti di Stato.
Intanto, la Corte dei Conti ha proseguito la propria guerra di trincea contro il ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, che ne ha depotenziato il potere interdittivo per velocizzare l’attuazione del Piano che già sconta ritardi nel 75% delle opere. Il primo target del presidente Carlino è lo «scudo erariale», la norma che limita l’imputabilità per danno erariale degli amministratori pubblici in materia di appalti, voluta dal governo Conte nel 2020 e successivamente prorogata fino al prossimo giugno (il governo proprio ieri ha presentato un emendamento al Milleproroghe per estenderla fino a fine anno). Il provvedimento è «non necessario». Secondo problema l’emergere di «diverse segnalazioni di irregolarità».

Anche in questo caso si tratta di un’opposizione preventiva al quarto decreto Pnrr che l’esecutivo dovrebbe emanare domani e che confermerà la «corsia preferenziale» per i progetti in fase esecutiva. Né si può escludere del risentimento per la nomina governativa del capostruttura di missione Pnrr, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, a candidato italiano della Corte Contabile Ue bypassando Viale Mazzini.

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