Guerra in Ucraina

Le fake news russe sulle mine italiane. E il governo sblocca lo "scudo dei cieli"

Non si può dire di no. Washington preme e Roma non si sottrarrà alla richiesta

Le fake news russe sulle mine italiane. E il governo sblocca lo "scudo dei cieli"

Non si può dire di no. Washington preme e Roma non si sottrarrà alla richiesta. Ma ci vorrà tempo, qualche settimana, non quantificabile al momento, poi lo «scudo» che blocca le minacce in arrivo dal cielo prenderà la strada di Kiev. Insomma, nessun rebus, ma solo la tempistica dettata dalle complesse esigenze della tecnologia, quindi il sistema di difesa aerea Samp/T partirà per l'Ucraina. E entrerà nella lista, naturalmente secretata, del sesto pacchetto di aiuti in preparazione al ministero della Difesa e che contiene anche altri armamenti. Non ci sono incertezze sul piano politico, semmai si tratta di ragionare sui problemi concreti: l'Italia dispone di 5 batterie Samp/T e dunque anche solo mandarne una in Ucraina non è una passeggiata. Oltretutto si tratta di apparecchiature ultra sofisticate che, con il corredo di missili, costano ciascuna 750 milioni di euro. Dunque, come ironizzano al ministero della Difesa, non è come mandare un pacco di Amazon: vanno affrontati complessi problemi di messa in opera, perché alcune componenti devono essere reperite, poi ci sono questioni logistiche, i costi - che l'Italia sostiene per circa un terzo - e la sincronizzazione con gli alleati francesi che condividono questo progetto. Tanti nodi che devono essere scelti prima di scrivere il fatidico decreto. E tutto questo non può essere fatto in una manciata di giorni, come se si trattasse di una passeggiata di salute.

Ma la strada è segnata e il Samp/T raggiungerà il teatro di guerra. Il governo Zelensky conta molto su questo dispositivo capace di fermare molte insidie: lo scudo intercetta velivoli nel raggio di 100 chilometri e blocca i missili balistici tattici a corto raggio entro i 25 chilometri. Per l'Ucraina è vitale, tanto più perché questa terribile guerra sembra allungarsi come un elastico senza fine. Qualcuno aveva coltivato la pianticella della speranza dopo la proclamazione della tregua natalizia da parte di Putin, ma la barchetta della pace è naufragata nel giro di poche ore, fra annunci di morte, accuse reciproche, bombardamenti senza quartiere.

E, tanto per cambiare, Mosca punta di nuovo il dito contro l'Italia. Lo fa l'ambasciata russa nel nostro Paese con un velenoso post su Facebook: alcune foto mostrano mine di fabbricazione italiana; chi avesse dubbi viene subito illuminato dalla didascalia che le accompagna: «Quanti di questi souvenir d'Italia rimangono ancora in terra ucraina? Le persone ne soffriranno per molto tempo a venire». Le mine erano in Ucraina e sono state disinnescate da genieri russi prima di essere trasportate a Mosca ed esibite con altri reperti la scorsa estate in una sinistra esposizione allestita al parco Patriot. Mosca prova così a dipingere l'Italia come un cinico mercante di armi, insensibile alle sofferenze e alle devastazioni che questi congegni infernali scatenano.

Ma l'Italia non ci sta e il ministro della Difesa Guido Crosetto replica con toni duri: «Si tratta di un'allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese che ha sempre rispettato le norme del diritto internazionale. Sorprende l'utilizzo di fake news e foto non contestualizzate per indurre il lettore a trarre conclusioni completamente false».

Così menzognere che Crosetto entra nei dettagli per smascherarle: «Le mine citate (una antiuomo e due anticarro) ricordano mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar che non possono essere italiane. E questo perché la produzione di mine antiuomo in Italia si è interrotta più di 28 anni fa con una moratoria del governo italiano e la successiva legge 374 del 1997 che le mise definitivamente al bando».

Dunque, delle due l'una: o si tratta di reperti antiquati, ipotesi improbabile, o di prodotti non made in Italy, magari realizzati con vecchie licenze tricolori, come è per l'unica mina antiuomo che si vede in foto, proveniente dall'Estremo Oriente. Certo, la macchina della propaganda russa continua a cercare pretesti per catturare il consenso dell'opinione pubblica internazionale. Mosca va avanti per la sua strada, l'Occidente però non arretra: il Regno Unito sta valutando la possibilità di consegnare a Kiev i suoi carri armati. Si tratterebbe di 10 Challenger 2. E l'esempio potrebbe essere seguito da altri Paesi, finora col freno a mano tirato su questa spinosissima fornitura.

Fermezza, quindi, ma anche preoccupazione perché l'escalation militare sembra inarrestabile.

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