Politica

La politica sotto le caricature

Ieri su il Giornale sono stati pubblicati tre importanti interventi dal punto di vista (come è stato chiaramente sottolineato) cristiano, ebreo e musulmano sulla vicenda delle vignette anti-islamiche. Dal punto di vista laico credo si possa considerare il problema introducendo un aspetto per nulla secondario, quello politico.
Nella nostra cultura la libertà di espressione rappresenta un principio irrinunciabile della convivenza democratica. In questa libertà rientra anche il diritto di satira che ha come limite da un lato il buon gusto, dall’altro la dignità della persona verso la quale è diretta la satira o l’ironia o il dileggio. In quest’ultimo caso c’è una protezione stabilita dalla legge oltre la quale si sconfina nella calunnia, nell’oltraggio. Insomma, come il mio diritto alla libertà non mi consente di ferire con una gragnuola di pugni chi mi sfiora passando per strada, così non posso ferire una persona con le parole semplicemente perché la ritengo cretina o antipatica.
Quanto al buon gusto, come espressione di rispetto nei confronti dell’altro, bisogna solo armarsi di pazienza, perché se si va per il sottile denunciando le cadute di stile della satira, trequarti della popolazione chiederebbe giustizia ai caricaturisti.
Poi c’è un problema etico, che la nostra cultura moderna affronta ormai attraverso il dibattito delle idee e non le imposizioni. Quando si condanna (tutti ora lo condanniamo) lo Stato etico, si intende sottolineare che la lotta, il conflitto delle idee non può avere divieti, non ci possono essere leggi imposte dall’alto che decidono quale idea debba prevalere. Su queste basi, si può anche dar vita a un confronto aspro che tuttavia non può avere un tutore, un giudice che dall’alto del suo potere stabilisca dove c’è il bene e dove c’è il male, il giusto e l’ingiusto.
Io posso combattere strenuamente contro il nichilismo contemporaneo oppure in difesa della bellezza, dell’unità della famiglia... ma non posso pretendere di avere nella mia battaglia l’aiuto della legge, che metta in galera i nichilisti, i nemici della bellezza ecc. ecc. Anche la religione rientra in questa dimensione dell’etica: per un laico la religione deve trovare in se stessa le ragioni della propria difesa quando viene oltraggiata. Un vero uomo religioso sa che la migliore protezione del suo credo non viene da un’autorità superiore, ma dalla propria capacità di parlare al cuore dei suoi fratelli per portarli al rispetto della sua fede o dentro la sua fede.
In una società aperta, laica e liberale, la legge e la religione non possono imporsi su quella libertà che nasce dal confronto delle idee. Allora si comprende facilmente che discutere se la satira sia un diritto o debba avere dei limiti, se l’etica o la religione debbono avere o non avere delle forme di tutela e protezione superiori è questione che riguarda la nostra cultura e il confronto di punti di vista che definiscono l’orizzonte della nostra civiltà occidentale. Ma la chiave del discorso sulle vignette anti-islamiche è politica, non riguarda né il nostro senso della libertà, né dell’etica, né della religione.
Da quel tragico 11 settembre, Stati Uniti ed Europa sono impegnati in una politica (anche se il metodo talvolta si è differenziato) che sostenga i principi della modernità, quindi della democrazia, nel mondo islamico. Si sono tenute lezioni in Afghanistan, in Irak, in Palestina (anche se qui gli esiti non sono stati quelli sperati, tuttavia la strada è giusta), si è favorita la pluralità dell’informazione, il diritto allo studio, la partecipazione delle donne alla vita associativa... C’è un miliardo e 300 milioni di persone musulmane che, nonostante alcune resistenze integraliste, intendono aprirsi alla modernità. È comprensibile e giusto che i capi di Stato europei e statunitensi invitino alla prudenza e non cedano al narcisismo di dotti dibattiti sulla libertà di satira quando il problema esploso è di natura politica.

Si può anche rinunciare a qualche vignetta che, ridicolizzando l’integralismo religioso musulmano, ci consenta di dire quanto siamo colti, liberi ed eticamente degli esempi per l’umanità, mentre è giusto preoccuparsi di non interrompere - con stupide iniziative di qualche vanitoso caricaturista - i passi politici che lentamente stanno aprendo il mondo musulmano alla modernità.

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