La morte di Cassini è stata accertata da un segnale interrotto. La sonda, che ha mostrato le bellezze di Saturno, ha salutato la Terra con il suo silenzio. A 20 anni dal lancio, dopo aver percorso 7,9 miliardi di chilometri, eseguito 2,5 milioni di comandi, aver completato 294 orbite, raccolto 635 gigabyte di dati e scattato oltre 453mila fotografie, ha abbandonato lo spazio, autodistruggendosi nell'atmosfera del pianeta che ha vigilato dall'alto. Alle 13.57 di ieri, ora italiana, Cassini entrava nell'atmosfera di Saturno e la Terra riceveva il suo ultimo segnale.
Lanciata nel 1997, Cassini ha viaggiato sette anni prima di regalarci le prime immagini del pianeta. Al progetto Cassini hanno lavorato l'Asi (Agenzia Spaziale Italiana), l'Esa (Agenzia Spaziale Europea) e la Nasa. Un'impresa italiana, europea e americana, che ha coinvolto 27 nazioni. Un'impresa che ha rivoluzionato la nostra conoscenza dello spazio, che ci ha reso familiare Saturno, con le sue lune e i suoi anelli.
Per 13 anni Cassini ha orbitato intorno a Saturno. Le sue scoperte hanno affascinato le persone di tutto il mondo. Quella di ieri è stata l'ultima immersione nell'atmosfera di Saturno. In tutto, per mostrarci la natura degli anelli dinamici, Cassini ha fatto 22 tuffi acrobatici. Negli ultimi attimi la sonda è stata puntata verso la Terra per trasmettere gli ultimi importantissimi segnali. Nell'orbita finale, la sonda è diventata parte di Saturno.
Mantenere fissa l'antenna, grazie a piccoli motori, era fondamentale per catturare gli ultimi dati. Una sfida vinta dagli ingegneri, che dai monitor del Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Technology di Pasadena, hanno controllato le traiettorie e hanno guidato la sonda verso il pianeta, raccogliendo tutte le informazioni possibili negli ultimi istanti di vita di Cassini. I dati forniti negli ultimi secondi della sua vita hanno un'importanza fondamentale: la missione, infatti, non terminerà con lo spegnersi della sonda. Proseguirà con lo studio e l'analisi dei dati che Cassini ha lasciato in eredità. Dati molto importanti, che non si è stati in grado di raccogliere in precedenza a causa della distanza. Ma perché abbiamo distrutto Cassini con un gesto così estremo, portandola a schiantarsi sul pianeta? La «scelta è stata dettata dall'ecologia. La sonda Cassini ha generatori a radio isotopi e ha un potenziale inquinante serio», ha spiegato Barbara Negri, responsabile dell'unità scienza di Asi. Lasciarla libera di vagare nell'orbita di Saturno poteva portare a conseguenze disastrose per gli ambienti e gli ecosistemi dei numerosi satelliti naturali del pianeta. Portare la sonda su Saturno, invece, aveva conseguenze minori: in effetti, ne ha provocato l'autodistruzione immediata. Se fosse stata lasciata in balia di se stessa c sarebbe stato il rischio di vederla impattare sulle lune di Saturno, e danneggiare lune con ecosistemi complessi come quello di Encelado.
Tra gli strumenti di cui è dotata, lo spettrometro a luce visibile e quello a infrarossi, oltre al radar, sono strumenti fondamentali: hanno permesso agli scienziati di capire la chimica e la composizione della superficie degli anelli di Saturno e delle sue lune. Lo spettrometro a luce visibile, che ha permesso di capire e analizzare la superficie di Titano, è uno strumento tutto italiano. Titano è la luna di Saturno che, con un panorama molto simile a quello terrestre, fatto di laghi liquidi, ci ha fatto immaginare la possibilità dell'esistenza di qualche forma di vita fuori dalla nostra atmosfera.
Cassini se ne va, diventa parte di Saturno, finisce un'epoca. Scienziati o astrofisici passano vite intere a lavorare su un progetto come questo. Molti hanno la fortuna di vederlo iniziare e finire, come Linda Spilker, scienziata del progetto Cassini: «quando ho iniziato a lavorare su Cassini, mia sorella andava all'asilo e ora è sposata». Giovani ingegneri, invece, non li vedono iniziare e li vedono solo finire. Molti, invece, non li vedono terminare. I progetti spaziali sono lunghissimi: possono passare molti anni tra la progettazione, il lancio e la messa in orbita.
Ma quello di ieri, per gli scienziati, non è un giorno triste.
Come dice Roberto Battiston, direttore dell'Asi, «sapevamo che questo momento sarebbe arrivato». Spegnendo i suoi occhi elettronici, Cassini ci dice addio con il suo grand finale. Ora, farà parte dello stesso pianeta che ha studiato tanto a lungo.
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