Genovese, un menu XL per celebrare i quarant’anni di cucina

Lo chef franco-calabrese del Pagliaccio di Roma, da anni due stelle Michelin, celebra l’importante anniversario senza inutili nostalgie ma raccontando che cos’è ora la sua cucina. Il menu è un vero “concept”, colto ed entusiasmante, e trae ispirazione da mille suggestioni diverse. Suo complice il general manager Matteo Zappile, grazie al quale la sala lavora magnificamente

Genovese, un menu XL per celebrare i quarant’anni di cucina

Anthony Genovese è un personaggio piuttosto anomalo della scena gastronomica romana. Franco-calabrese, con una parlata irresistibile che mixa le due lingue e che ha resistito a oltre due decenni di tentativi di corruzione da parte del romanesco, dal 2003 è alla guida del Pagliaccio, un ristorante nel cuore più bello di Roma (via dei Banchi Vecchi, 129a, nel rione Ponte), che da diversi anni è considerato tra le migliori tavole della capitale e dal 2009 vanta due stelle Michelin. Genovese è cambiato molto nel tempo. Lo ricordo diversi anni fa, già molto celebrato, eppure piuttosto introverso. La sua cucina era piena di spunti, di pensieri, di meditazioni, e soprattutto di spezie. “La gente mi chiamava l’indiano”. Ciò lo rendeva un po’ avulso rispetto al red carpet che allora si stava srotolando nel mondo dell’alta cucina. Ma erano altri tempi. Oggi Genovese è un uomo di 57 anni felice e realizzato e la sua cucina ha perfino un po’ il gusto dell’autocitazione.

Genovese

Con l’ormai collaudata complicità del general manager Matteo Zappile, che si occupa della sala (raramente ho visto una tale simbiosi tra chef e maître in un locale, e questo rende il locale olistico e coinvolge tutto lo staff, brigata e sala, in un’atmosfera armoniosa), ha concepito un menu, il Mode-XL, che celebra i suoi primi quarant’anni di carriera ma evita l’insidia della retrospettiva raccontando la sua cucina come l’approdo di un lungo percorso. Insomma, non un “come eravamo”, ma un “come siamo grazie a questi 40 anni”. E l’operazione, colta e scanzonata, ha incluso anche un bellissimo servizio fotografico che ritrae Anthony in veste da pagliaccio e Zappile da domatore. Il menu (270 euro) è un viaggio davvero vertiginoso tra tecnica ed emozioni, organizzato da chi di cose ne ha viste tante nella sua vita e ha distacco, ironia e voglia di divertire. Dopo alcuni snack iniziali (tra essi un Ananas disidratato e farcito con un dal di lenticchie, chutney di ananas, mele renette e scalogno) e dopo il Sipario spettacolare, costituito da una pasta sfoglia stesa su zucchero a velo a formare una sfera cristallina, e ricoperta con polvere di za’atar, estratto di levistico, cetriolo, sedano e mela verde, ecco i primi tre atti, dedicati rispettivamente all’introduzione (Takoyaki, una sfera croccante con crème fraîche affumicata e gocce di ‘nduja), agli eventi e allo status quo (Bianco d’uovo montato a neve con Tartufo, capperi di Pantelleria e zabaione di formaggio ragusano) e al cambiamento e alla risoluzione (una Royale, emulsione di uova intere con brodo di peperoni, listarelle di pomodoro giallo e rosso confit, crema di peperone ripieno e acciughe).

Meloni

Poi i piatti principali: il Gambero al luna park, poché in un burro liquido aromatizzato al pepe rosa, con coda di bue sfilacciata croccante, salicornia e maionese corallo, e uno zucchero filato ottenuto dallo stesso brodo del gambero, una vera goduria; i Cavatelli mantecati in un burro affumicato con crema di erbe amare, emulsione di aglio orsino, foglie di papavero cotte sulla griglia con fuori freschi di papavero e polvere di semi di papavero; un Plin farcito con la soublisse, una preparazione a base di cipolle stracotte con midollo di manzo mantecato, la finanziera (un ragù di creste di gallo, fegatini e cuori di pollo), una riduzione di brodo di pollo con Parmigiano; il Filetto di triglia con pomodori freschi grigliati e caramello al pomodoro, cialda di ceci aromatizzata al brodo di triglia e cozze alla scapece; Agnello cotto sulla griglia e laccato al caffè, tartufo nero umbro e latte di cetriolo con kefir, cetriolo marinato nel miso coperto da petali di girasole sottaceto, e foglia di lattuga nel kimchi, crema di piselli e kefir aromatizzato al limone. Infine un piatto vegetariano, una Cipolla Clara veronese molto dolce marinata nel latte di riso e nella pasta tandoori per cinque giorni, brodo di cipolla, cialda di platano disidratato, gelato alla cipolla con mix di erbe salate. A introdurre la parte dolce, curata da Orsetta Di Francesco, c’è Trasparenze, uno specchio di zucchero, coperto da semi di lino, chia e girasole, crema di avocado con gelato allo shiso verde e kefir, erbe aromatiche fresche, riduzione di acetosa. Poi Trame di cioccolato e caviale, con cioccolato fondente del Madagascar, cioccolato bianco aromatizzato al whisky, gelatina rotta di gazpacho al whisky. Chiusura con la piccola pasticceria nemmeno troppo piccola. Raramente negli ultimi anni mi è capitato di mangiare un simile concept menu, compatto e avvincente, anche grazie al ritmo del servizio (fattore per me sempre più importante). Chi però non vuole affrontare un simile viaggio, può optare per il menù Scintille, quattro portate al buio a un prezzo più agile (200). Ma c’è anche un percorso ancora più intenso, il Parallels, servito in una sala che è quasi un’insegna a parte e permette a Genovese di esprimere un altro suo punto di vista completamente differente (330 euro).

Il servizio come avrete capito è perfetto (bravissima Veronica). Un posto da amare.

Il Pagliaccio, via dei Banchi Vecchi, 129a, Roma. Tel. 0668809595. Chiuso domenica e lunedì, gli altri giorni aperto solo a cena, il sabato anche a pranzo

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