I sindacati confondono illegalità e libertà

Diecimila manifestanti hanno deciso, in barba agli accordi presi con le autorità, di deviare il percorso del corteo e riversarsi sulla tangenziale

I sindacati confondono illegalità e libertà
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Gentile Direttore Feltri,
venerdì scorso, a Bologna, i metalmeccanici hanno invaso la tangenziale, bloccando il traffico e creando notevoli disagi. La questura ha annunciato che i manifestanti saranno denunciati, come previsto dalla nuova normativa. Immediata la reazione della sinistra, che ha urlato al fascismo. Ma perché mai il rispetto delle regole del vivere civile suscita tanto scandalo tra i progressisti?

Luca Mariani

Caro Luca,
l'episodio di Bologna è un esempio perfetto di come lo Stato possa conciliare il diritto alla protesta con il dovere di tutelare l'ordine pubblico. La gestione dell'ordine da parte della questura è stata impeccabile. Diecimila manifestanti hanno deciso, in barba agli accordi presi con le autorità, di deviare il percorso del corteo e riversarsi sulla tangenziale, paralizzando la viabilità alle 10 del mattino, ad un'ora dall'avvio della manifestazione. Una manovra tutt'altro che spontanea: premeditata, strategica, orchestrata ad arte dai vertici di Cgil, Cisl e Uil. Il copione era semplice: provocare la polizia sperando in una reazione magari qualche manganellata da usare come pretesto per gridare allo Stato fascista. Tuttavia, la reazione non c'è stata. Gli agenti non hanno risposto con la forza, come auspicavano i sindacalisti, bensì con la legge. Hanno annunciato che i responsabili sarebbero stati denunciati per interruzione della circolazione, in base alle norme del Decreto Sicurezza. Una risposta ferma, ma equilibrata. Un deterrente. Eppure, puntuali come sempre, le reazioni scomposte non si sono fatte attendere: «Polizia fascista, governo fascista, leggi fasciste». Il solito rosario. Ancora una volta, la sinistra e i sindacati hanno mostrato il loro disprezzo per la legalità. Per loro, violare le regole non è un reato ma un diritto: occupare case altrui, bloccare il traffico, sabotare la convivenza civile. Ignorano o fingono di ignorare che la libertà, in uno Stato di diritto, si esercita entro i confini del rispetto della altrui libertà. Ora una riflessione è necessaria: come si procede quando a commettere un reato non sono dieci o cento persone, bensì diecimila? Identificarle tutte, denunciarle, processarle è complesso. E allora? Allora si parta dai veri responsabili: i dirigenti sindacali, i quali hanno firmato accordi con la questura e poi li hanno traditi, dirottando il corteo per scatenare la reazione che desideravano. Sono gli stessi che, dopo aver soffiato sul fuoco, pretendono pure di passare per vittime, inventandosi improbabili accordi verbali con la polizia, che avrebbe concesso dicono loro l'accesso alla tangenziale. Una menzogna maldestra. Disonestà allo stato puro.

Non è lo Stato ad opprimere i lavoratori, ma alcuni sindacalisti a strumentalizzarli in modo spregiudicato, conducendoli in tangenziale al fine di ottenere la paralisi del traffico, esortandoli quindi a violare le regole, cosa che - pure questa - costituisce un illecito.

Nonostante le provocazioni, la polizia ha mantenuto calma, misura, scrupolo. Un comportamento che avrebbe dovuto mettere a tacere le polemiche. Invece, come da tradizione, la sinistra ha sputato veleno sul governo e, naturalmente, sulle forze dell'ordine. Anche questa, in fondo, è prassi.

A Bologna la polizia ha mostrato come si possa far rispettare la legge con intelligenza e fermezza anche davanti al cinismo delle provocazioni. Ma a certi sindacati non interessa difendere i lavoratori. Interessa loro difendere il proprio palco, il diritto di bloccare il traffico, di disobbedire agli accordi, di farsi vittime dopo aver pianificato il caos.

Altro che lotta di classe! Questa è sceneggiata di professione. E se il rispetto delle regole fa gridare al fascismo, allora il vero pericolo non è la repressione, piuttosto è l'analfabetismo democratico di chi confonde l'illegalità con la libertà.

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