La notizia arriva dall'Inghilterra e desta non poche preoccupazioni.
Un bambino di 10 anni è stato operato d'urgenza all'intestino dopo aver passato otto ore di fila attaccato alla consolle, senza staccarsi nemmeno per fare pipì. Un caso limite quello raccontato dalla pediatra Jo Begent dell'University College London Hospital, intervenuta nel corso della conferenza annuale della Nspcc (la principale organizzazione no-profit britannica per l'infanzia).
Secondo quanto emerso, i videogiochi possono coinvolgere a tal punto i bambini da fare in modo che non sentano nemmeno più gli impulsi corporei più basilari, come ad esempio andare in bagno, col rischio così di sviluppare problemi di salute a lungo termine.
«Un giorno nella mia clinica pediatrica si è presentato un ragazzino di dieci anni che zoppicava ed era conciato davvero male - ha raccontato la dottoressa Begent - ma quello che mi ha mandata nel panico è stata la massa enorme che gli usciva dal bacino e che in un primo momento credevo fosse un tumore. I successivi controlli hanno invece evidenziato una grave dilatazione del bacino e una costipazione spaventosa».
L'Organizzazione mondiale della sanità afferma che alcuni videogiocatori ossessivi potrebbero avere una reale dipendenza. Nella sua ultima revisione al manuale di classificazione delle malattie, l'Oms ha sostenuto che giocare in maniera compulsiva ai videogiochi è ora un problema di salute mentale.
Questa classificazione del «disturbo da gioco» come patologia separata aiuterà i governi, le famiglie e gli operatori sanitari ad essere più attenti e più preparati ad identificare i rischi. Almeno questo è l'auspicio. L'Oms e altri esperti hanno subito fatto notare che i casi sono ancora molto rari: si ritiene che ne sia affetto non più del 3% dei giocatori.
Questa dichiarazione ha confermato le paure di alcuni genitori ma ha anche suscitato critiche sul rischio di stigmatizzare troppi giovani videogiocatori.
Harvey, portavoce della British Psychological
Society, ha affermato: «Le persone devono capire che questo non significa che ogni bambino che trascorre ore nella propria stanza a giocare ne sia dipendente, altrimenti i medici sarebbero inondati di richieste d'aiuto».
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