Quattordici anni dopo l'abbattimento delle due Torri Gemelle e nove anni dopo le polemiche seguite alla Lectio Magistralis di Benedetto XVI a Ratisbona, che ricorrono l'11 e il 12 settembre e che sono passati alla storia come l'apice del successo del terrorismo islamico dei tagliagole e dei taglialingue, dobbiamo prendere atto che i nemici della nostra civiltà sono molto più forti. All'opposto, l'Occidente è sempre più votato al suicidio, dopo essere caduto nella trappola letale di chi s'illude che, alleandosi con i terroristi taglialingue, si possano sconfiggere i terroristi tagliagole.
Se nel 2001 i terroristi islamici disponevano soltanto dell'Afghanistan come base sicura, in virtù dell'alleanza strategica di Al Qaida con i Taliban, oggi controllano direttamente dei territori nello «Stato islamico» sorto a cavallo tra la Siria e l'Irak, in Libia, Somalia, Mali, Yemen e Nigeria, così come sono in grado di destabilizzare Afghanistan, Pakistan, Tunisia, Egitto, Algeria e Indonesia.
Mentre nel 2001 fu l'Occidente a promuovere l'offensiva contro Al Qaida, oggi assistiamo alla sconvolgente alleanza tra l'Occidente e il terrorismo islamico, sia quello dei tagliagole dell'Isis in Siria, sia quello dei taglialingue dei Fratelli Musulmani in tutto il mondo. Persino dentro casa nostra, dove il terrorismo islamico è diventato autoctono ed endogeno, con la «produzione» di decine di migliaia di aspiranti suicidi nel nome di Allah con cittadinanza occidentale, e dove si consolida una «roccaforte islamica» che consta di moschee, scuole coraniche, enti assistenziali e finanziari islamici, tribunali sharaitici, centri studi e di formazione.
Se nel 2006 Benedetto XVI ebbe il coraggio di denunciare la violenza intrinseca all'islam, prima dovette dissociarsi dalle parole dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo («Mostrami ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai solo delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva a diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava»), poi fu costretto a pregare con il Gran Mufti Mustafà Cagrici nella Moschea Blu di Istanbul.
Sempre nel 2006 l'Unione Europea vietò di usare il termine «terrorismo islamico», perché si incorrerebbe nel reato di offesa all'islam o di istigazione alla guerra religiosa. Per gran parte dei nostri mezzi di comunicazione di massa i terroristi islamici sono «miliziani fondamentalisti», «esercito dell'Isis», «insorti sunniti», «fondamentalisti sunniti», «jihadisti», «miliziani islamisti», «ribelli sunniti», «miliziani qaedisti», «gruppo integralista islamico» o. più banalmente. «assalitori», tranne che terroristi islamici. I leader occidentali si affannano a ripetere che l'islam è una «religione di pace». L'islamicamente corretto è diventato la camicia di forza che ci siamo auto-imposti nel contesto di una guerra in cui siamo oggettivamente perdenti. Il prossimo passo sarà la codificazione del reato penale di «islamofobia», in un Occidente dove si potrà criticare tutto e tutti tranne l'islam e Maometto. Nel frattempo si mettono a tacere gli avversari attraverso il «Jihad by Court», la «guerra santa islamica» tramite i tribunali, costringendoli a pagare fior di quattrini per denunce di diffamazione, fino a obbligarli a sottomettersi all'islamicamente corretto.
Dobbiamo prendere atto che siamo in guerra.
È il Jihad, la guerra santa islamica, che da sempre mira a sottomettere il mondo intero al dio Allah e a Maometto. È ciò che descrivo e denuncio nel mio nuovo libro «Islam. Siamo in guerra», in edicola con Il Giornale e in libreria da sabato 19 settembre.
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