Giampiero Timossi
Roma La realtà è realtà, c'è mica altro». Lo diceva Lulù Massa operaio, era il 1971, in un film dove la classe operaia andava in Paradiso. Quarantasei anni dopo la classe operaia non esiste più, è andata in pensione come l'operaio interpretato da Gian Maria Volontè. La lettera di pensionamento l'ha spedita ieri l'Istat, l'istituto nazionale di statistica. Che nel suo rapporto 2017 ha raccontato la realtà, «mica altro». Ha fotografato l'Italia, come fa dal 1926, ma stavolta ha deciso di usare un'angolazione inedita: ha cancellato classe operaia e piccola borghesia. E ha diviso il Paese in altre categorie, tutte nuove.
Lo ha fatto seguendo un ragionamento nuovo solo in apparenza, ma consolidato ormai da anni: da quando cioè, le ideologie sono definitivamente tramontate. Non è più la coscienza ad aggregare la popolazione, ma la quantità di soldi che ciascuno ha nel portafoglio e sul conto in banca.
«La perdita del senso di appartenenze a una certa classe sociale è più forte per la piccola borghesia e la classe operaia», ha osservato l'Istat nel suo rapporto annuale. Non limitandosi, però, solamente a descrivere la frantumazione dei gruppo tradizionale. L'istituto ha registrato che ricchi e poveri ovviamente esistono sempre, che il divario tra loro è in costante aumento e che la povertà è sempre più un dramma trasversale. Quindi ha proposto una nuova ricostruzione della popolazione (compresa quella straniera), indicando nove nuovi gruppi: i giovani blue-collar e le famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri, gruppi nei quali è confluita quella che un tempo era la classe operaia; le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia, nei quali trova collocazione invece la piccola borghesia. E poi un gruppo a basso reddito di anziane sole, perché in media le donne vivono più a lungo rispetto agli uomini, e uno di giovani disoccupati. E infine le pensioni d'argento e la classe dirigente. Per calcolare a quale gruppo si appartiene bisogna vedere quanto è possibile spendere in un mese: si va dai 1.687 euro delle famiglie a basso reddito con stranieri, si passa agli oltre 3.000 delle famiglie di impiegati e pensionati d'argento e si arriva alla classe dirigente che supera i 3.800 euro mensili.
Così tutto ha un prezzo. È un altro degli effetti irreversibili della globalizzazione? Forse sì, ma anche no. C'è anche chi sta cercando di percorrere delle strade alternative. Per esempio Justin Trudeau, il primo ministro del Canada. Per spiegare la «pace sociale» del suo Paese ha dichiarato: «Siamo partiti dalla ricerca del benessere e della serenità per la nostra media e piccola borghesia». È la regola dell'ascensore sociale, della possibilità di rendere concreti i nostri sogni e quindi di progredire. In Italia, per un po' di tempo, ha funzionato.
La ricetta riproposta da Trudeau è stata ascoltata, il 20 aprile scorso, anche da Paolo Gentiloni, premier italiano in visita in Canada. Magari anche il nostro presidente del Consiglio proverà a fare qualcosa per la piccola borghesia. Perché la classe operai ormai la danno tutti per spacciata.
Anche Emmanuel Macron, ex banchiere e neo presidente di Francia. Si è limitato a prendere atto che, dagli anni Novanta, la classe operaia transalpina ha iniziato a votare per il Front National. Tutto cambia: la classe è acqua, scorre via.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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