Pronti per la Gentilexit per saltare sul carro del vincitore se va tutto bene. Ma anche un calesse che sia un po' più stabile e duraturo può andare bene all'occorrenza. L'esecutivo in carica ha una scadenza. Quella più lontana è la fine naturale della legislatura, ma le probabilità che l'azionista di maggioranza chiuda i rubinetti in anticipo sono in rialzo e dentro l'esecutivo, così come nella maggioranza, c'è chi si prepara al dopo. Si rincorrono, ad esempio, le voci su strategie del ministro degli Esteri Angelino Alfano. Il partito appena fondato, erede del Ncd, potrebbe iniziare a puntare i piedi e interrompere quattro anni di sostegno ininterrotto ai governi che si sono succeduti. Sei anni, se il conteggio parte dalla caduta dell'esecutivo Berlusconi e la persona di Alfano.
I segnali sono deboli ma inequivocabili. Ieri il leader di Alternativa popolare ha preso le distanze dalla «destra che non è più il centrodestra liberale di una volta. La destra di Salvini propone di chiudere le frontiere, di uscire dall'Europa». Ma il movimento è anche alternativo «alla sinistra dell'indietro tutta». Al di la delle formule, Alfano si sta preparando a fare opposizione su un tema da centrodestra, cioè i voucher. Aboliti dal governo Gentiloni per evitare il referendum della Cgil con un decreto che deve essere convertito, creando grande malcontento tra gli imprenditori. I centristi della maggioranza potrebbero minacciare di non votare il provvedimento sul quale sarà quasi sicuramente messa la fiducia.
Problemi anche sul contratto di servizio della Rai. Se il tetto agli stipendi dei manager dovesse essere toccato servirebbe un provvedimento d'urgenza sul quale Ap potrebbe di nuovo dare battaglia.
Una opposizione diversa da quella di esponenti ex Ncd come il senatore Maurizio Sacconi, che ha smesso di votare la fiducia negli ultimi mesi del governo Renzi ed è restato all'opposizione anche con Gentiloni. La levata di scudi di Alfano e dei suoi fedelissimi sembra semmai fare da apripista all'innesco della vera fine del governo Gentiloni e quindi al ritorno di Matteo Renzi alla guida del Partito democratico e quindi alle prossime elezioni. L'ex premier ha lanciato segnali distensivi verso il governo in carica e, in particolare, verso il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che si prepara a varare la manovra correttiva. Ma l'unica motivazione che Renzi può sfruttare per fare mancare la fiducia al governo Gentiloni è quella di scelte in economia non condivise. I fronti non mancano. Gli stessi voucher, che il precedente governo aveva rafforzato, ma che poi lo Renzi ha accettato di sacrificare. Poi gli aumenti delle accise, che Padoan sta cercando di evitare e che vedono il leader di fatto dei democratici fortemente contrario. Poi le privatizzazioni. Qualsiasi motivazione potrebbe essere valida per convincere il premier in carica a farsi indietro. Per il momento Gentiloni si muove come se il suo governo dovesse durare fino alla fine della legislatura. Ieri ha chiarito che i fondi per l'emergenza terremoto sono da tenere distinti dalla maggiore flessibilità da chiedere all'Europa. Il primo consiste in «oltre un miliardo all'anno per i prossimi tre anni».
La correzione dello 0,2% di Pil, quindi di 3,4 miliardi, è confermata. Se ci saranno correzioni sono dovute a un miglioramento del Pil. Proprio sulla manovra Renzi potrebbe prendere le distanze e criticare l'esecutivo per un eccesso di zelo verso l'Europa.
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