RomaAnche il guanto di velluto finora usato dalle diplomazie è stato messo da parte. Segno evidente che la disputa dentro Forza Italia fatica sempre più a restare sottotraccia. Lo si era intuito in questi giorni, con deputati e senatori azzurri che hanno in buona parte disatteso le indicazioni del partito nelle votazioni per la Corte costituzionale. Lo si è avuto chiaro ieri, quando Raffaele Fitto ha replicato in maniera tranchant ad un'intervista rilasciata a Repubblica da Mariarosaria Rossi. «La goccia che ha fatto traboccare il vaso», l'ha definita in privato l'ex ministro. Parole che al netto di torti o ragioni danno comunque la misura di quanto la tensione sia alta ormai da troppo tempo e di come il braccio di ferro dentro Forza Italia sia arrivato quasi alla soglia del non ritorno.
D'altra parte, che dentro gli azzurri ci sia una spaccatura netta non è un mistero. Di fatto, due visioni diverse del partito: da una parte il gruppo di big più vicini a Silvio Berlusconi (da Giovanni Toti a Paolo Romani, passando per Mariarosaria Rossi, Denis Verdini, Deborah Bergamini, Mariastella Gelmini, Antonio Tajani) che per il rilancio puntano su congressi e tesseramento; dall'altra Fitto e il gruppo di quelli che la pensano come lui, convinti che l'unica strada per ridare lustro a Forza Italia e per tornare ad essere presenti sul territorio siano le primarie.
Cosa ne pensi delle primarie l'ex premier lo sanno anche i sassi. Così, non stupisce che, interpellata su Fitto, la Rossi risponda senza girarci intorno. «Le primarie non sono previste. Da noi dice la tesoriera azzurra non se ne parla, magari è possibile tentare altrove. Poi, certo, ognuno può dire la qualunque ma noi non ne abbiamo bisogno». «Lascia allibiti ribatte l'eurodeputato il fatto che il presidente Berlusconi possa consentire alla senatrice Rossi di distribuire o ritirare patenti sulla legittimità dello stare nel partito e sulla correttezza delle opinioni e delle tesi politiche altrui». E ancora: «Ritengo che né la Rossi né altri abbiano titoli o legittimazione tecnico-giuridica e statutaria, nonché politica, per farlo». Un riferimento indiretto al fatto che le cariche della nuova Forza Italia non sono passate per il vaglio di un congresso nazionale, questione sulla quale si sta discutendo da tempo, visto che c'è chi ipotizza perfino azioni legali. Una polemica che la responsabile Comunicazione Bergamini liquida come «discutibile»: «Da Fitto toni sbagliati, si impegni per il partito».
Tutta la discussione, però, non appassiona affatto l'ex premier. Che anche ieri dopo due ore a Milanello per incontrare la squadra - se ne è occupato il minimo indispensabile. «Se Fitto vuole andarsene, si accomodi», è stato il senso del suo ragionamento. Il punto è che l'ex ministro a lasciare Forza Italia non ci pensa proprio e continua a ribadire di voler combattere la battaglia dall'interno. Non solo con chi nel partito la pensa come lui, ma pure cercando sponde nel resto del centrodestra. Non a caso ha contatti frequenti sia con Giorgia Meloni che con Matteo Salvini, visto che Fratelli d'Italia e Lega sostengono la necessità delle primarie di coalizione.
A conferma del fatto che Forza Italia è una pentola in ebollizione, poi, c'è il voto sui giudici della Consulta. La vulgata, infatti, vuole che tutto o quasi il partito non abbia seguito la linea imposta dall'alto, finendo per impallinare Antonio Catricalà con un Verdini descritto fuori dalla grazia di Dio.
Ora, che ci sia agitazione e che un corposo pattuglione azzurro (compresi i fittiani) abbia votato in dissenso non c'è dubbio, ma qualcuno ha il sospetto di una sorta di mini-Nazareno sulla Consulta. Anche perché Matteo Renzi non si sta certo strappando le vesti per le figuracce rimediate dal candidato del Pd Luciano Violante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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