Roma - L'unica certezza è il taglio delle pensioni d'oro. I partiti di maggioranza stanno ancora litigando sul come, ma è chiaro che quei soldi serviranno, anche se non saranno tantissimi, a finanziare gli incentivi alle assunzioni.
Decisamente più complicato finanziare la vera riforma delle pensioni annunciata dal governo e compresa anche nel contratto siglato M5s e Lega. Quindi revisione dei requisiti della legge Fornero introducendo quota 100, dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva o i 42 anni di contributi senza tenere conto dell'età. Riforma costosissima e destinata a non piacere a Bruxelles.
L'ipotesi che sta prendendo piede è quella di una applicazione parziale e selettiva dei nuovi requisiti per il pensionamento. La logica è la stessa che ha portato già in passato ad escludere parzialmente i lavori usuranti, e mira a favorire solo alcuni lavoratori.
In sostanza si vuole ricalcare alcuni strumenti che già sono in vigore per alcune categorie, a volte frutto di accordi tra sindacati e associazioni datoriali. In particolare gli scivoli a carico delle aziende o le staffette generazionali finanziate con fondi di categoria.
Notizie per il momento vaghe. Unico punto fermo, a pagare gli anticipi non è lo Stato, ma le aziende. A parte le situazioni come le crisi aziendali, dove ci potrebbe essere un intervento pubblico. In sostanza si ripercorre la strada già sperimentata dagli ultimi governi che hanno via via introdotto delle deroghe alla riforma Fornero.
Sulle pensioni d'oro invece il governo va avanti. Ora c'è una proposta di iniziativa Parlamentare, firmata dal capogruppo alla Camera del M5s Francesco D'Uva. «Ridaremo dignità a chi ha pensioni minime e taglieremo gli assegni di chi prende molto più di quanto ha versato. È una questione di equità sociale», ha spiegato.
La sua proposta ha però suscitato proteste perché comporta un ricalcolo retroattivo. Una proposta diversa da quella abbozzata dal vicepremier Luigi Di Maio, ha osservato Cesare Damiano, ex ministro del Partito democratico. Sembra meno quotata la proposta della Lega Nord che consiste in un contributo di solidarietà a carico delle pensioni, che cresce con l'importo della rendita.
La proposta dei pentastellati è a rischio ricorsi perché un prelievo che differenzia i trattamenti è stato bocciato dalla Corte costituzionale. La proposta della Lega, per contro, rischia di penalizzare anche gli assegni più bassi.
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