Riccardo Pelliccetti
Un'altra giornata di altissima tensione per gli equilibri mondiali. Allo scontro verbale ormai quotidiano fra Washington e Pyongyang e al giallo su una gigantesca esplosione in Corea del Nord si è aggiunto oggi il nuovo test missilistico dell'Iran, che suona come un'ulteriore sfida alla Casa Bianca.
Nel Paese di Kim Jong-un è stata registrata un scossa sismica di magnitudo 3,4 gradi della scala Richter. Secondo il servizio meteorologico sudcoreano si è trattato di un evento «presumibilmente di origine naturale». Ma l'agenzia cinese per i terremoti ha invece precisato che il terremoto è stato causato probabilmente da un'esplosione. Insomma, un giallo, ma non troppo. La scossa, registrata alle 10,30 ora italiana con l'epicentro in superficie, è avvenuta nella provincia settentrionale di Hamgyong, la stessa area in cui lo scorso 3 settembre il regime aveva effettuato un test nucleare. Lo United States Geological Survey (Usg) si è limitato a constatare che «il sisma è avvenuto nell'area del test del 3 settembre, a una ventina di chilometri di distanza», ma ha aggiunto anche che «questa volta non possiamo confermare con certezza la causa della scossa». In serata, poi, bombardieri strategici americani B-1B Lancers, in grado di sganciare ordigni nucleari, sono decollati da Guam e, scortati da caccia-bombardieri, hanno sorvolato la costa di Pyongyang. Il volo dimostra che «il presidente Usa ha molte opzioni militari per rispondere a ogni minaccia», spiega il Pentagono.
Lo scontro resta a livelli altissimi. «Noi vogliamo un mondo in cui ci siano Paesi che cooperano tra loro. E non possiamo avere un piccolo pazzo che spara missili sugli altri» aveva detto poche ore prima Donald Trump in Alabama. «Qui stiamo parlando di armi di distruzione di massa, e non possiamo permettere che qualcuno metta il nostro popolo in pericolo». «L'uomo missile doveva essere gestito molto tempo fa», aveva affermato il tycoon accusando chi era prima di lui alla Casa Bianca, cioè Barack Obama, di non averlo saputo fermare. Le parole di Trump rischiano di infiammare ulteriormente la situazione, all'indomani della minaccia lanciata da Pyongyang di far esplodere un ordigno all'idrogeno nel mar del Pacifico. Minaccia espressa apertamente dal ministro degli Esteri di Pyongyang Ri Yong-ho che, dopo aver minacciato l'esplosione di una bomba al'idrogeno nel Pacifico, è tornato a insultare il presidente Usa definendolo un «un folle gonfio della sua megalomania». Per Ri «è inevitabile, ma anche oltre, che i nostri missili visitino l'intero territorio statunitense».
Sul fronte diplomatico, la Cina, seguendo le sanzioni decise dall'Onu, ha tagliato l'export di greggio verso la Corea del Nord. Le esportazioni di prodotti raffinati saranno limitate a 2 milioni di barili annui, mentre la vendita di gas liquefatto sarà bandita. Azzerato, inoltre, l'import di tessile, tra le voci principali dell'interscambio con Pechino, che vale circa il 90% dei flussi complessivi di Pyongyang.
Nel frattempo si fa vivo anche l'Iran, che ha testato con successo il suo nuovo missile balistico «Khorramshahr», con un raggio di azione di 2mila chilometri.
Il nuovo lancio appare come una sfida a Trump, che aveva duramente attaccato l'Iran nel suo intervento all'Assemblea generale dell'Onu, facendo traballare l'accordo sul nucleare con Teheran. L'ayatollah Khamenei, Guida suprema dell'Iran, ha accusato il presidente Usa di usare «un linguaggio da gangster e cowboy. L'élite americana dovrebbe vergognarsi di avere un tale presidente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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