Gli antifascisti non si indignano se il vessillo è di Lotta Continua

Da Repubblica al Pd, bocche cucite sulla bandiera nell'ufficio del commissario. Il questore: indaghiamo

Gli antifascisti non si indignano se il vessillo è di Lotta Continua

Un bagnino nostalgico del Ventennio è diventato l'emergenza nazionale la scorsa estate, la bandiera della Marina imperiale tedesca trovata in una caserma dei carabinieri il preavviso del nazismo alle porte, invece per un manifesto di Lotta Continua appeso in un ufficio della Questura di Pisa nessun allarme, zero domande, silenzio tombale da chi fomenta da mesi la campagna sulla fantomatica «onda nera» neofascista in Italia. Ieri il Giornale ha raccontato il fatto: un pugno chiuso su fondo rosso con la scritta Lotta Continua incorniciato dietro alla scrivania di un sottocommissario della Polizia («È un trofeo di guerra» è stata la risposta abbozzata e poco esaustiva). Quantomeno qualche interrogativo potrebbe sollevarlo, dopo aver dichiarato pericolo pubblico il bagnino di Chioggia per l'imitazione di Mussolini in versione balneare (subito indagato, poi tutto archiviato dalla Procura), invece sulla vicenda di Lotta Continua si registra la calma piatta. Anche se Pisa non è un luogo neutro per Lc, che nasce dal Potere operaio pisano, dove era attivo appunto Adriano Sofri leader del movimento di estrema sinistra (e mandante dell'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi secondo la sentenza). Invece neanche una riga su Repubblica, neppure nelle pagine locali toscane, storia completamente ignorata dal quotidiano altrimenti molto attento a segnalare allarmi estremisti.

Il Tirreno riporta invece che il questore Alberto Francini ha invitato l'agente a rimuovere il quadro e ha avviato una verifica interna («Sul valore del sostituto commissario nulla da dire. È stato premiato per aver contribuito alle indagini che hanno smantellato le nuove brigate rosse contribuendo all'arresto della Lioce quando era alla Digos di Firenze. Sull'opportunità di avere quel drappo ricordo in ufficio si faranno le necessarie valutazione e saranno presi eventualmente i conseguenti provvedimenti»). Probabile si tratti solo di una scelta inopportuna del poliziotto, che però non solleva il polverone che invece ha travolto il giovane carabiniere che a Firenze (e neppure nell'ufficio) aveva una bandiera della marina del Secondo Reich, comprata su internet come altre insegne militari di cui è appassionato. «È stata una leggerezza, non sapevo che fosse un simbolo dei neonazisti. Mi sono iscritto alla facoltà di storia dell'Università La Sapienza di Roma e voglio laurearmi - ha spiegato il 23enne militare dell'Arma -. Chiedo scusa - avrebbe anche detto - se ho violato i regolamenti». Ma su di lui si sono scatenate le reazioni immediate anche ai massimi livelli. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha chiesto al comandante generale dell'Arma dei Carabinieri «chiarimenti rapidi e provvedimenti rigorosi» mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha parlato di «fatto inquietante rispetto al quale bisogna reagire». Stessa linea dei giornali di sinistra e del Pd, che hanno cavalcato lo spettro del rischio nazifascista.

Neppure una parola invece sulla bandiere di Lotta Continua nella questura di Pisa, nemmeno di circostanza, per chiedere un chiarimento rapido ai vertici della Polizia. Se ne sono accorti i social network, che chiedono alla Pinotti (e alla Boldrini) di intervenire sulla vicenda, inutilmente.

Altri tweet: «Dove sono tutti quelli che protestavano contro i simboli politici nei luoghi istituzionali? Tutti zitti come cani addomesticati? È normale una bandiera di Lotta Continua in una #Questura? Vi scandalizzate a giorni alterni in base ai vostri porci comodi?». Oppure: «Una settimana di polemica per una pseudo bandiera nazista; nessun clamore per il manifesto in questura di LottaContinua. Benvenuti in Italia, il paese dei due pesi e due misure».

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